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I sogni: stracci di nuvole scomposti,inconsistenti
Con “La bambina e il sognatore” Dacia Maraini torna sugli argomenti che predilige: la violenza sulle donne, vigliaccamente esercitata anche quando le donne sono in tenera età, le ipocrisie sociali, le insidie di una cultura disseminata di morbosità (“C’è molta sensualità in queste bambine. Mi fa pensare a Balthus”) e pericoli.
La bambina è Martina, l’amata figlioletta del maestro Nani, morta per una malattia crudele che ha spalancato il vuoto nella vita personale e coniugale del papà.
La bambina è Lucia, rapita, forse violentata e uccisa, mentre si recava a scuola.
La bambina è Fatima, figlia di un’italiana e di un cambogiano, finita nell’inferno della prostituzione minorile di Phnom Phen.
La bambina è ogni bimba di questo mondo, che abbia i propri sogni calpestati dalla viltà di chi dovrebbe, questi sogni, coltivarli, innaffiarli, realizzarli.
Il sognatore è il maestro (“Sogni troppo e sono sogni senza capo né coda”), un anticonformista che sfida i pregiudizi sociali (“Lei gioca con l’immaginazione dei suoi alunni. È imperdonabile”) pur di trasmettere ai suoi piccoli studenti ideali e capacità critiche (“I pensieri si affollano, come gli uccelli sull’albero di Platone… c’è una memoria incisa nella pietra… una memoria impressa nel fango… e quella… in cui i ricordi sono uccelli che si posano su un ramo”).
E sognare è anche non rassegnarsi (“Ci si può liberare di un enigma risolvendolo… non seppellendolo”) dinnanzi a una sparizione di fronte alla quale persino i genitori hanno rinunciato.
Il nuovo romanzo di Dacia Maraini è emozionante, a tratti triste, a tratti speranzoso.
Giudizio finale: coinvolgente e lancinante come un grido di dolore pronunciato a fior di labbra.
Bruno Elpis
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