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Sogni, convinzioni, realtà
La bambina e il sognatore vengono sognati e consegnati da una Dacia Maraini illuminata e sapiente.
Leggo un libro furbo e funzionale per affrontare tematiche numerose, per problematizzare argomenti della modernità.
La storia suggerisce e apre numerose questioni, come tutti i romanzi della scrittrice: la narrazione, la paternità, l’insegnamento, la cultura del territorio, l’alimentazione sbagliata, le coincidenze, la religione islamica, il successo, la sessualità, la memoria, la lettura, il disturbo mentale di un sex offender.
Anche attraverso dialoghi improbabili, vale per la scrittrice quello che nel romanzo viene riconosciuto a Nani, di essere competente nella narrazione, “perché le cose esistono quando ci prestiamo attenzione”.
“In fondo sono compiaciuti di avere un maestro goffo e impacciato di cui si può ridere senza essere redarguiti; di un maestro che fa lezioni a modo suo, che sa raccontare le favole e li prende sul serio, ciascuno di loro, uno per uno, senza distinzione.” p.104
Nani Sapienza, maestro seducente adorato dai suoi alunni, sogna la sua piccola Martina, concepita in un trullo, morta di leucemia. La bimba era la gioia di Nani e la sua mancanza ha gelato l’espressione dei sentimenti e, così, il protagonista perde la figlia e la moglie. Al risveglio, il maestro ha notizia di una bimba scomparsa e intuisce che il suo è stato un sogno premonitore. Infatti, la bambina sognata, pensa Nani, è certo quella scomparsa, portata via da un pazzo, segregata, sicuramente non uccisa, come tutti pensano in paese.
Il maestro ossessivamente segue il suo istinto, insiste, offre il suo tempo allo scavo, alla ricerca, all’indagine rocambolesca, convinto di poter ritrovare viva la bambina.
Interessante la voce interiore, figura genitoriale affettiva e critica, che Nani chiama in ogni modo: angelo custode, pennuto, parassita, aquilotto, uccellaccio, pettegolo, pollastro maledetto, avvoltoio, corvaccio, grillo parlante, gufo, aquilotto dalle ali sbrindellate… voce che pretende di guardare il mio animo dall’alto in basso.
Perplessa, finisco il romanzo: nell’attività di pensiero considero indispensabile il riconoscimento dei limiti, la traccia dei confini. Gli esseri umani si distinguono felici per gli equilibri possibili fra realtà e fantasia, fra insegnamento e manipolazione, fra sogno e delirio, fra determinazione e comportamento ossessivo-compulsivo, fra intuizione e pregiudizio.
Il maestro Nani, trova e salva la bambina, ma non salva me come lettrice, forse perché, lo riconosco, anch’io “soffro dell’immaginazione ipertesa del lettore accanito” p.15
“La storia, ogni storia, nasce quando ci sono un corpo e una mente che si preparano all’ascolto. Il corpo non è meno teso e attento del pensiero che assorbirà, attraverso le parole, un racconto, con il suo eroe, le sue gesta e la sua conclusione. E io sono già saltato dentro, con tutti e due i piedi, in questo rito fatato. Mi sono impaesato assieme a loro e godo nel raccontare, come loro godono nell’ascoltare. Niente ci può fermare in questa impresa comune, antichissima e meravigliosa della narrazione e dell’ascolto collettivo.” pp.175-76
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Quello che non mi fa apprezzare la scrittrice non ha niente a che vedere con la sua presunta "scomodità". Essere stata per anni la compagna di un grande scrittore e aver frequentato salotti letterari ha dato sicuramente dei punti di vantaggio alla Maraini, ma non abbastanza da farle superare la mediocrità della sua prosa.
Maria Lo Bianco
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