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Feroce critica al potere vestita di giallo
Una storia molto semplice nella sua struttura romanzesca e di lettura piacevole : questo é a prima vista “La testa perduta di Damasceno Monteiro” di Antonio Tabucchi. Il romanzo, tuttavia, va molto al di là di questo. Il ritrovamento, nella città di Oporto in Portogallo, di un corpo privo di testa dá inizio a un’indagine giornalistica che si avvale del supporto di un rinomato avvocato, soprannominato Loton per il suo fisico debordante che ricorda il celebre attore Charles Laughton, protagonista, nelle vesti di avvocato, appunto, del bellissimo film “Testimone d’accusa” per la regia di Billy Wilder. Il Loton di Tabucchi è uomo dalla cultura vastissima che ha trascurato il profitto per dedicarsi alla difesa dei più deboli. È lui che apre gli occhi a Firmino, il giornalista, sui meccanismi complicati e poco trasparenti che regolano i rapporti tra cittadino e istituzioni. Con una non semplice disquisizione filosofica su ciò che si intende per Grundnorm, Loton denuncia la malcelata corruzione di certi ambienti della Guardia Nacional.
Facendo riferimento alla filosofia del diritto così come era stata interpretata da Hans Kelsen, egli sostiene che la Norma-base dell’ordinamento giuridico è indipendente dalle norme morali e pertanto essendo essa fondamentale e costituendo, nonostante base, il vertice della piramide del sistema del diritto, può facilmente celare ciò che al sistema morale apparirebbe negativo e deprecabile. In questo modo Loton spiega la deriva del potere verso l’oppressione e l’abuso che si servono senza scrupolo della tortura e della negazione di ogni diritto umano.
La critica di Tabucchi tuttavia non si ferma qui. Sono in discussione anche la funzione della stampa, i limiti e la veridicità dell’informazione, la manipolazione dell’opinione pubblica. E non è meno importante la considerazione sugli stili letterari: non a caso si cita Lukacs - autore del fondamentale “Teoria del romanzo” e di “Storia e coscienza di classe” - che definì il saggio una “forma tra letteratura e filosofia”, a metà cioè tra creazione immaginaria e creazione concettuale, quella forma letteraria che affronta i problemi, ma non offre soluzioni.
Ciò che colpisce il lettore, nelle pagine conclusive del romanzo è l’amara constatazione di trovarsi in un mondo privo di certezze, dove il concetto di giustizia è svuotato di ogni contenuto.
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Dopo aver letto e riletto il bellissimo "Sostiene Pereira" ero un po' titubante ad affrontare un altro testo dell'autore. Ora deduco che pure questo libro merita di essere letto.
Ho letto e apprezzato il celebre "Sostiene Pereira" ma anche qua non sembrano mancare gli spunti di riflessione.
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