Dettagli Recensione
Chirù, leggilo tu...
Mi accosto alla lettura con estrema diffidenza, mi armo di difese se devo affrontare un nome già noto, fatico il doppio a lasciarmi andare, colpevole e consapevole di non aver voluto leggere ancora niente del nome in questione.
È la volta di Michela Murgia, osannata con il suo “Accabadora”che appunto non ho letto e per il quale non posso esprimermi. Posso solo riferire ciò che ne ha segnato le distanze: lessi a suo tempo del fenomeno tutto antropologico della eutanasia alla sarda da non sentire l’esigenza di vederlo riproposto in termini narrativi.
Ora, a lettura terminata del nuovo romanzo “Chirù”, qualcosa di indefinito mi allontana da quello che, ho sperato, potesse essere una scoperta. Mi fa piacere che dal panorama sardo si levino delle voci ma mi piacerebbe ancor di più che quello che raccontano fosse sostanziale ed emozionante.
La storia narrata in “Chirù” è stata in qualche modo “spinta” da un fenomeno molto tipico del nostro tempo. In una commistione di linguaggi, nell’era delle sperimentazioni comunicative per eccellenza, Chirù è uscito da un libro non ancora pubblicato e si è fatto personaggio inventato con tanto di profilo su Facebook, gestito dalla sua autrice. Il successo mediatico c’è stato e Chirù, il vero assente del libro, è stato protagonista indiscusso di se stesso. Non avendo un profilo Facebook né tempo per questi giochini da social network, pur riconoscendo l’originalità di questo linguaggio contaminato, non posso esprimermi neanche su questo.
Ho però letto il libro e allora a quello veniamo, perché di quello in fondo si deve parlare quando ci si presta a scrivere una recensione.
La storia è quella di Eleonora, attrice di teatro, sarda, che dopo precedenti, non sempre edificanti, sulla soglia dei quarant’anni, con una vita da definire nei suoi contorni più stabili, cede ad una sorta di impulso che pare animarla: diventa nuovamente la “maestra”, la guida formativa, la tutor di un giovane studente di violino. Li separano vent’anni d’età e la presunzione dell’adulto sul giovane. Tra cambi di scena per cui si alternano tiepide descrizioni del capoluogo isolano ad ambientazioni romane, svedesi e due brevi parentesi una praghese, l’altra fiorentina , l’impressione è quella di assistere ad un tirocinio formativo al contrario. Ripercorrendo varie tangenziali della memoria, in un recupero mai autentico ( fa eccezione la pagina sulla malattia della madre e sul loro rapporto), ci si avvicenda tra Eleonora bambina, Eleonora figlia ingabbiata in una famiglia che ferisce, Eleonora tra i suoi uomini - ex e nuove conoscenze- , Eleonora e Chirù. Questo è nel romanzo un fantasma che agisce da controcanto agli stati d’animo di una donna autentica e complessa, fondamentalmente alla ricerca di se stessa.
Sul piano narrativo il libro è disorganico, sfuggente, impalpabile. Non c’è storia!
Sul piano stilistico apprezzo una buona penna ma da esercizio stilistico: le corde emotive non vibrano mai. La prova è , a mio parere e secondo il mio gusto, del tutto fallita. Consiglio come sempre la lettura perché si può parlare di ciò che si conosce ma questo libro non rientrerà mai nel novero di quelli : “ Come? Non lo hai mai letto?”
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Commenti
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Il tuo commento è bellissimo, cauto e severo al contempo.
Dell'autrice ho letto solamente "Accabadora", e non mi è piaciuto: un racconto artificiosamente allungato, con un tema sull'onda modaiola del dibattito sull'eutanasia. C'è un po' di esercizio letterario. Tutto qui.
Sono tornato ai cari Classici che sanno essere attuali proprio perché debitamente 'distanti' , lontani dalle mode del momento che poi, quando coinvolgono la vita e la morte, mi fanno rabbrividire.
che dire....nel romanzo sopra citato ho trovato spunti buoni e una penna con potenziale, ma se ora ha pubblicato un lavoro tanto spento, mi spiace molto.
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