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Il privilegio di dialogare con l'autrice
D –Cara Anna Maria Balzano, ho visto le foto della presentazione a Roma del tuo ultimo romanzo, Il cappotto blu, Talos Edizioni. Non ho potuto partecipare all’evento e quindi preferisco commentare il libro con te, rivolgendoti alcune domande. Quali emozioni provi nel parlare pubblicamente di questo tuo “ultimo figlio”?
R – Come sempre, timore misto a speranza. Timore perché presentarlo nella luce migliore non è facile. Il pubblico che ascolta è il primo giudice, a volte piuttosto severo. Speranza, perché ci si augura che il messaggio contenuto nel romanzo possa giungere con chiarezza e semplicità.
D –Mi hai confessato che questo romanzo ti ha fatto molto soffrire. Perché?
R – Per due motivi: per il suo contenuto, per la storia cioè in cui mi sono immersa completamente, vivendo le vicende ora di questo ora di quel personaggio, e poi per l’ansia che accompagna sempre una nuova prova.
D –La storia racconta tre generazioni (Barbara e Fausto – Chiara e Aldo – Michele) in una concezione molto contemporanea della genitorialità e della figliolanza…
R – La famiglia è sempre stata al centro dei miei interessi. Credo molto nei valori che rappresenta, ma sono anche consapevole di quanto sia difficile conservarli integri, specialmente in tempi in cui si è facilmente distratti e attratti da lusinghe diverse... So quanto sia difficile e quanta sofferenza possa generare il rapporto genitori-figli e so anche che non esiste ricetta universale per risolvere conflitti e contrasti.
D – Concordo con te, questo tuo romanzo denota grande attenzione alle dinamiche familiari. La famiglia è nucleo delle interazioni psicologiche, a momenti prigione dell’individuo, a momenti àncora di salvezza…
R – È verissimo. Chi non ha provato almeno una volta nella vita il desiderio di fuggire, di scrollarsi di dosso il “peso” dei legami familiari? Eppure proprio in quella prigione si può trovare la serenità che si cerca...
D – Nelle storie d’amore, in questo romanzo, prevale l’insoddisfazione, la sofferenza. Barbara è vittima di un legame tiepido, una soluzione di compromesso. Chiara in qualche modo “rinuncia” alla sua dimensione affettiva e ne patisce…
R – Si, è vero. L’amore che viene rappresentato in questo romanzo assume aspetti diversi. L’amore di coppia è sicuramente il più difficile da realizzare in modo durevole. Entrano in gioco molti elementi: a volte una certa competitività, la gelosia, un desiderio di indipendenza, una certa intolleranza verso l’altro. Ma l’amore non è solo quello di coppia. E in questo romanzo forse si celebra di più l’amore verso i più deboli, un amore che richiede dedizione e sacrificio più di ogni altro.
D – Rivolgo a te una domanda che è una frase del romanzo: “Possibile che in tempi evoluti il mondo di una donna debba girare sempre e solo intorno a un marito, a dei figli”?
R –Si, questo è un argomento che mi è sempre stato a cuore e che non è in contrasto con quanto ho dichiarato prima sulla famiglia e sui suoi valori. In effetti ancora oggi alla donna che desideri realizzarsi nel lavoro, che aspiri a un’emancipazione reale, si chiede molto, a volte troppo, al punto che difficilmente si riesce a conciliare tutto ciò con la famiglia. I casi in cui ciò si sia realizzato con successo sono piuttosto rari.
D – Il tuo romanzo è molto ricco di spunti: affronti il tema del bullismo adolescenziale, la condizione femminile, l’adozione, l’impegno sociale. Senza rivelare alcuna delle sorprese che attendono il lettore, anch’io ho sottolineato un pensiero che poi riprende Roberta Lagoteta nella postfazione: “Nessuno pretenderà da lei sentimenti che non è in grado di nutrire. L’importante è la conoscenza… e la consapevolezza”.
R - Si, ritengo che la conoscenza e la consapevolezza degli eventi storici siano fondamentali per la crescita di ogni individuo. È per questo che ritengo che l’istruzione per i giovani sia importantissima, non come fatto elitario, ma come condizione essenziale per una crescita equilibrata.
D – Quanto è autobiografico “Il cappotto blu”?
R – Come sempre, in ogni personaggio, maschile o femminile, buono o cattivo, c’è un po’ di me. Una specie di piccolo “transfert”.
D – Se ti dicessi che il sentimento prevalente che mi ha accompagnato in questa lettura è l’identificazione nella sensibilità di chi l’ha scritto…
R – Io in questo romanzo ci sono tutta!
E adesso Anna Maria copriti gli occhi o, se preferisci, voltami le spalle. Come ben sai, qui a qlibri devo darti i voti… Ahahaha, un abbraccio da
Bruno Elpis
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Non vedo l'ora di potermi conformare alla tua opinione :-)
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