Dettagli Recensione
il mistero della Ferrante
“E’ dalla prima all’ultima riga puro piacere di raccontare. E’ straordinario.”
Così si esprime l’editore a proposito del romanzo scritto da Elena Greco, protagonista e io narrante di Storia della bambina perduta. Invece il romanzo della Ferrante è pura elencazione di eventi; ciò che manca è appunto il racconto, il piacere di raccontare. Il lettore viene perciò privato del piacere di leggere; si riduce a spettatore di una lunga e prevedibile telenovela, in cui Ridge e Brooke di Poggioreale e dintorni si lasciano, si prendono e si riprendono, nel frattempo chiavando – eh sì, la crudité linguistica è d’obbligo- a destra e a manca. Per riempire 400 pagine di ovvietà e luoghi comuni c’è persino il romanzo simil-Gomorra con venti anni di anticipo rispetto a Saviano; c’è una bambina che svanisce nel nulla; ci sono cattedre universitarie che non si negano a nessuno, nemmeno negli Stati Uniti, nemmeno a una ragazza non proprio studiosa.
C’è un mistero, che non riguarda la bambina scomparsa né l’identità dell’autore, bensì il successo di questo polpettone.
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