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Il genio nella sua purezza
Nel 1993, Paolo Maurensig si è fatto conoscere per “La variante di Luneburg”, uno dei più felici esordi nel panorama letterario italiano degli ultimi anni; un libro incentrato sul gioco degli scacchi come metafora del conflitto e della prevaricazione: con tale pretesto, il racconto si inoltra nelle pieghe più nascoste dell'animo umano.
Al di là dei giudizi contrastanti, “La variante di Luneburg” realizza in breve tempo notevoli vendite, attirando una certa attenzione della critica.
Solo molti anni dopo, con “L'arcangelo degli scacchi”, Maurensig torna a parlare di questo affascinante gioco, ponendolo stavolta al centro del racconto, con il potere di attrazione e le particolari dinamiche.
Il libro è la biografia romanzata di uno degli interpreti più talentuosi della "guerra delle 64 case": Paul Morphy, scacchista americano vissuto nel secolo diciannovesimo (una sorta di prima “epoca d'oro” per questo gioco).
Il racconto degli scacchi come talento: quello di un ragazzino che assiste alle partite della domenica tra padre e zio e osserva quei pezzi così strani e magnetici, capaci di rimanere fermi per decine di minuti, tra le volute del fumo di sigaro che annebbiano la stanza, così come di partire d'improvviso, in un incedere sincopato e cruento.
Il racconto degli scacchi come passione: quella di un giovane che “vede” la scacchiera anche se non l'ha davanti, ed è capace di giocare alla cieca le "simultanee” contro più avversari, concedendo loro anche qualche pezzo di vantaggio. Creando così il suo mito.
Il racconto degli scacchi come maledizione: quella che spinge Paul Morphy a salpare per l'Europa (dopo aver battuto senza sforzo tutti gli sfidanti americani) allo scopo di duellare con i migliori del mondo. La tournee riserverà al giovane notevoli delusioni: non riuscirà ad avere la meglio su Howard Staunton – l'inglese ritenuto in quesl tempo il miglior giocatore del mondo – per una serie di circostanze create ad arte da quest'ultimo, intenzionato a non dare a Morphy alcuna opportunità pubblica di superarlo. Nel frattempo, la sua assenza da casa favorirà Sybrandt, suo cognato, nel tentativo di estrometterlo dalla gestione del patrimonio di famiglia (per uno scherzo della sorte, il marito della sorella invocherà come segno di instabilità mentale proprio l'eccessiva passione di Morphy per gli scacchi).
“L'arcangelo degli scacchi” è un libro godibile, non pesante, comprensibile anche a chi non conosce il gioco di cui si parla: un libro che prova a rendere l'idea del genio che eccelle in uno dei giochi più intelligenti (e crudeli, secondo i suoi maggiori interpreti) che mente umana abbia mai partorito.
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Commenti
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Dell'autore ho letto "La variante...", libro che ha venduto molte copie (ma questo non vuol dir nulla sulla qualità). A me è piaciuto poco; l'ho trovato un po' artefatto e non molto convincente.
Non so se con questa nuova opera siano stati fatti passi avanti, ma fra le tue righe non colgo l'entusiasmo di un lettore soddisfatto.
Comprendo la tua difficoltà, Emilio: la prima volta che ho letto "La variante di Luneburg" ho faticato a capirne le connessioni. Lo considero (come da mia precedente recensione sul sito) un ottimo libro, ma pesa anche la mia passione per gli scacchi.
Il libro in commento non è per nulla brutto: il mio consiglio di leggerlo vale anche per chi, come te, ha trovato il primo libro troppo artefatto. Questo è più immediato. Certo, chi ama gli scacchi è comunque "avvantaggiato". Ciao.
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