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La penna e la chiave a stella
Ripercorrendo gli annali dei vincitori del Premio Strega, colpisce l'anno 1979.
L'opera si intitola “La chiave a stella”, l'autore è Primo Levi.
Sorge spontaneo associare Levi al ricordo dei campi di concentramento, ma volgendo lo sguardo a qualche decennio più avanti, è possibile incrociare uno scritto che si compone di tanti racconti aventi per protagonista l'operaio piemontese Tino Faussone che ricorda numerosi episodi legati agli anni trascorsi in giro per il mondo, impegnato a svolgere con passione e diligenza il proprio lavoro.
Ogni racconto ha una collocazione geografica diversa, eppure il percorso di vita narrato risulta fluire omogeneo, senza soffrire di cesure appare come un flusso continuo cui il lettore non può staccarsi.
La semplicità di espressioni e di pensieri dell'operaio trovano ad ascoltarlo le orecchie e la penna di uno scrittore raffinato; se gran parte del tempo lo scrittore Levi ascolta in silenzio pronto a catturare l'essenza dell'uomo che ha di fronte, la parte restante è animata da dialoghi e scambi di riflessioni tra i due.
La fatica richiesta dal lavoro di montatore, le difficoltà delle condizioni climatiche incontrate in terre straniere, l'incontro con culture differenti, i sacrifici personali e familiari, si incastrano come pezzi di un grande puzzle con la dedizione alla propria mansione, con l'attaccamento fisiologico e spirituale, con l'identificazione con la professione esercitata.
Stilisticamente il lavoro è perfetto, in quanto il linguaggio si adatta al signor Faussone, caricandone di pathos la figura, riportando sulla carta tutta la ruvidità e la schiettezza possibile.
Levi si dimostra ottimo narratore, cesellando riflessioni sulla volontà dell'uomo, sul rapporto uomo-lavoro, facendo emergere se stesso tra le pagine attraverso scambi di opinioni con il protagonista venate di ironia, ma anche di saggezza e di grande trasporto emotivo.
Parlare di un mestiere, significa parlare di scelte di vita, di aspirazioni, di promesse, di delusioni, di morti e rinascite, di un guscio che diventa volto e facciata per il mondo circostante.
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Commenti
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Bel commento. Anche a me il libro è piaciuto, ma il livello rimane ben inferiore a "Se questo è un uomo" (ovviamente).
Emilio, mi sento di dire che non la penso così, nel senso che ho trovato un Levi vero narratore tra queste pagine, rispetto al Levi di Se questo è un uomo.
Penso che la grandezza contenutistica di Se questo è un uomo, fa scendere in secondo piano tutto il resto.
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