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Il giorno della civetta
 
Il giorno della civetta 2015-09-04 15:10:40 Cristina72
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    04 Settembre, 2015
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Sbirro sì, ma "uomo"

L'attualità di questo breve romanzo, evidenziata da tutti quelli che lo hanno letto, è innegabile, e notevole è la struttura narrativa, caratterizzata da uno stile asciutto e ironico.
Sembra quasi un poliziesco, con il morto ammazzato e il carabiniere che dà la caccia al colpevole, mentre la scia di sangue si allunga ad indicare una precisa direzione...o forse due.
Storia di mafia o di corna? La verità è lampante dalla prima all'ultima pagina, ma pochi sembrano disposti a non fare gli gnorri e a guardarla in faccia.
Attuale è l'argomento della trattativa Stato-Mafia e addirittura profetico il passaggio inerente alla “linea della palma” che avanza di anno in anno da Sud a Nord, rendendo propizio il clima per il proliferare dell'organizzazione criminale di origine sicula:
“E sale come l'ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l'Italia, ed è già oltre Roma …”.
E' ormai un cult della letteratura il faccia a faccia tra il capitano Bellodi, che dirige le indagini (sbirro sì, ma “uomo”), e il capomafia locale, don Mariano Arena, che fa sfoggio della sue argute opinioni sull'umanità intera:
“... se lei mi domanda, a passatempo, per discorrere di cose della vita, se è giusto togliere la vita a un uomo, io dico: prima bisogna vedere se è un uomo...”.
Intrigante il linguaggio ambiguo che lascia intendere tutto senza dire niente: i favori agli amici, le protezioni, le proposte che non si possono rifiutare senza incorrere nel rischio di deludere gli amici e morire...nel loro cuore, ovviamente.
Lo scrittore traccia un ritratto a tinte più accattivanti che fosche dell'“uomo d'onore”: spietato ma saggio, e giusto, a modo suo. Dell'esistenza della mafia, anche se già attiva e potente, una cinquantina di anni fa era del resto ufficialmente lecito dubitare: dovevano ancora arrivare gli anni del “teorema della cupola” e del maxiprocesso e tutto era più che mai sfumato, affidato ai “si dice” e al fiuto degli investigatori più volenterosi.
Eppure a fine lettura ci si chiede quanti passi in avanti siano stati effettivamente compiuti in mezzo secolo di lotta alla mafia, con l'amara sensazione che perdere a testa alta, alla maniera del capitano Bellodi, sia tuttora il massimo risultato ottenibile.

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Commenti

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Ciao Cristina.
Bello il tuo commento. A mio avviso questo libro non è fra le opere migliori dell'autore, anche se è stato quello che gli ha elargito il primo consistente successo. Lo stesso Sciascia ha affermato che non lo amava, come viene riportato da Matteo Collura in "Il maestro di Regalpetra".
Ottima analisi, Cristina.
Stilisticamente io invece lo trovo il libro più bello di Sciascia, e secondo me merita il successo che ha avuto.
Quando dici che il personaggio di Mariano Arena è accattivante, credo tu abbia ben presente che è l'esatta critica che all'epoca molti mossero a Sciascia, accusandolo di fare dei mafiosi dei personaggi "fascinosi".
Ciao
@Emilio: forse l'autore lo considerava un libro “monco” per i tagli che è stato costretto a fare.
@Rollo: è una critica che avrei mosso anch'io. La versione idealizzata del boss mafioso è innegabile e Sciascia non poteva non conoscere i soprusi perpretati da sempre dalla mafia contro la povera gente né il fatto che non venissero uccisi solo i “quaquaraquà” ma anche gli uomini veri, anzi, soprattutto questi ultimi.
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