Dettagli Recensione
O cavaliere! Mio cavaliere!
Sotto il velo di un ennesimo romanzo poliziesco, con l’intento palesato di aver invece elaborato una sotie, si parla qui di un cavaliere, un Signor cavaliere.
Quali sono le sue doti? Quali le sue caratteristiche?
Nell’immaginario collettivo si associa la figura del cavaliere a concetti quali fedeltà, dedizione, asservimento a ideali, formazione, appartenenza ad un gruppo ristretto, codice deontologico, coraggio...
Quali sono le sue attività? Cosa ci si aspetta da lui?
Combattere, proteggere deboli e bisognosi, trionfare...
Chi è il cavaliere di cui si parla qui e che ha da vedersela contro il peggior nemico? ( la morte...ma siamo sicuri?...)
Avendo recentemente approfondito la conoscenza dell’autore con la lettura della biografia scritta da Collura, recupero informazioni relative all’ultimo periodo di vita e di attività di Sciascia e sposo la tesi che il cavaliere sia lui.
Cosa ha fatto Sciascia della sua vita, consapevole ora della morte che si avvicina?
Ha evidenziato limiti e storture di un mondo asservito al potere, non solo e non necessariamente quello mafioso.
Sembra con questa opera voler ricordarci che :”C’è un potere visibile, nominabile, enumerabile; e ce n’è un altro, non enumerabile, senza nome, senza nomi che nuota sott’acqua. Quello visibile combatte quello sott’acqua, e specialmente nei momenti in cui si permette di affiorare gagliardamente, e cioè violentemente e sanguinosamente: ma il fatto è che ne ha bisogno...
Ci regala così un non personaggio , un “Vice”, un suo alter-ego, in dialettica con un “Capo” che indaga in modo più zelante, più cauto, più pragmatico, scevro da qualsiasi condizionamento metaletterario in cui vorrebbero cacciarlo il suo subordinato e il suo demiurgo.
Sandoz, avvocato, uomo potente, è stato ucciso, il suo omicidio è correlabile all’ambiente dei grandi che riuniti in tavolate da cerimonia, intessono i loro screzi e alimentano le loro conflittuali relazioni con la tipica ipocrisia della convivialità da banchetto. Durante la cena precedente l’omicidio, uno scambio di messaggi scritti sui segnaposto, uno in particolare: “Ti ucciderò”, attiva l’attenzione degli inquirenti che , a raggiera, fanno il solito giro dei conoscenti della vittima. Durante le indagini il Vice ( siciliano, accanito fumatore, estimatore dell’incisione di Durer che ispira il titolo del romanzo, combattuto tra l’amore della sua patria e il necessario realismo utile a non mitizzarla...serve altro a favore dell’identificazione di cui sopra?), va in solitaria come è quando si affronta la morte. Riuscirà il cavaliere a giungere all’alto baluardo della verità arroccato come il castello nell’angolo in alto a sinistra della stessa incisione?
Certo è che il cammino così abilmente disseminato dalle trappole della calunnia e dell’infamia dei messaggi scaturiti da un’indagine frettolosa,dalla superficiale convenienza, dal perverso meccanismo della comunicazione artificiosa e falsata del quarto potere, non lo faranno desistere. Tutt’al più si ritroverà, come altre volte, su un’isola deserta. Intanto combatte anche contro il dolore e contro la tentazione di utilizzare la morfina. Combatte dolore, malattia, tentazioni antidolorifiche spinto da “un sentimento di dignità cui concorreva l’essere stato per gran parte della sua vita a difendere la legge, le sue preclusioni, i suoi divieti”.
La soluzione del caso? Non saranno certo queste righe a svelarla, ammesso che soluzione ci sia. Buona lettura di un bellissimo congedo, degno di un vero cavaliere.
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Commenti
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Come sempre, hai scritto una recensione molto bella e molto interessante.
La lettura del libro di Collura (da me non ancora terminato) certo è di forte aiuto per comprendere in modo più profondo le opere dello scrittore, anche in meandri meno esplorati. Trovo infatti molto intuitivo e suggestivo il collegamento 'autobiografico' sul tema della morte.
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