Dettagli Recensione
La fretta e' la mia giustificazione.
E' un romanzo deprimente nella forma e nel contenuto.
La forma e' quella di uno stand-up comedian dilettante, che, con indiscutibili meriti di intesita' e persistenza, ci investe con raffiche di battute ad effetto e un imbarazzante (dis)gusto per il paradosso più naive e incontrollato che si possa immaginare ...Tipo flusso di coscienza di un dodicenne in sbornia allegra dopo sette martini trangugiati in dodici secondi mettendosi le olive nel naso che per adattamento all'ambiente ha sviluppato narici soprannumerarie (prego si noti: non sono idiota, sto solo cercando di darvi un'idea del suddetto stile: se vi piace, smettete pure di leggere la mia recensione e passate direttamente al libro).
Il contenuto si basa sulla creazione, tanto naive quanto lo stile con cui e' scritto, di un mondo diviso in maniera primordiale e doncamillesca tra buoni e cattivi, dove i cattivi sono ovviamente i fascisti/berlusconiani/renziani al potere e i buoni sono gli oppressi che resistono e sognano la rivoluzione--essendo parole come "resistenza", "rivoluzione", "partigiani" e Sandro (alludendo a Pertini) realmente ricorrenti nel romanzo, come litania autocelebrativa e autolegittimante. E' cioè un romanzo politico, ma purtroppo solo nell' accezione del termine che qualche decennio fa ispirava occupazioni di licei per protesta contro l'imperialismo americano, ma più' concretamente finalizzate a partite di calcetto in palestra o qualche pomiciata dei compagni più' fortunati e delle compagne più intraprendenti. Il protagonista viene definito a ripetizione un genio ed un idealista che ha alzato bandiera bianca e accantonato i suoi ideali in una depressa sottomissione al sistema. Ma purtroppo, al di la' della definizione di idealista che si incontra a più' riprese, non riceviamo alcuna esemplificazione convincente ne' definizione specifica di tali ideali sepolti nel cuore del protagonista, che di conseguenza appare un incassatore tragicomico alla Fantozzi, piu' che un intellettuale in crisi. Proprio come il citato (ma molto più' umoristico e infinitamente più' memorabile) Fantozzi, il protagonista e i suoi compari hanno al fine l'agognata ribellione contro gli oppressori e la malasorte. Ribellione fatta essenzialmente di raffiche di battute acide, più' tipiche dell'insulto che della satira sociale o politica, che permettono ai "buoni" di prendersi alcune soddisfazioni e rivincite sui "cattivi", ovviamente grazie all'aiuto e alla benevolenza dell'Autore che accuratamente provvede antagonisti sprovveduti e inverosimilmente stupidi--in altri termini, ciò' che troppo esplicitamente ci tocca assistere nel gran finale, e'l'enflato ego dell'Autore che accorre in aiuto del proprio alterego oppresso,eroico "partigiano" della seconda repubblica, senza ovviamente alcun rispetto per il verosimile o il buon gusto.
Ho comprato questo libro all'aeroporto, secondi prima di imbarcarmi: la fretta e' la mia giustificazione. Forse dovrei pensarci meglio, ma di primo acchito l'unico libro peggiore di questo che mi viene in mente fra le letture degli ultimi anni e' "Il giorno in piu'" di Fabio Volo--sono stato abbastanza chiaro?
Cory
(New York, 14/8/15)