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I giorni delle crisalidi
Eravamo sospesi sopra il vuoto, in bilico sulla fune, mentre avanzavamo in equilibrio precario aiutandoci con un’asta per non cadere. Alle nostre spalle l’infanzia, dolce e protettiva, davanti a noi l’età adulta.
L’adolescenza è stata la corda tesa e sottile che abbiamo percorso per un periodo cosi breve della nostra vita. Solo che non lo sapevamo.
Non sapevamo quanto fosse tutto cosi precario e rischioso. Abbiamo vissuto questi pochi anni, così intensi, sentendoci già grandi, ma senza esserlo, o forse un po’ si, e per tanto tempo dopo ne abbiamo parlato, sopravvalutandoli.
La nostra adolescenza è sempre li, nei nostri ricordi, un po’ sbiaditi, sorridiamo forse un po’ sollevati, perché ci siamo tanto divertiti, ma anche perché comunque è passata. E chi ha figli fa il conto alla rovescia degli anni che gli mancano al raggiungimento della loro maturità. E passerà, dai, passerà anche per loro.
Alla fine cosa ci rimane di quegli anni, se non struggente nostalgia? E’ impossibile resistere al ricordo, e probabilmente per questo mi sono subito tuffato nel “Regno degli amici”, bellissimo libro di R. Montanari.
E’ stato facile ritrovarsi con il protagonista, Demo, sensibile ed insicuro, e i suoi amici, Fabiano, bello e arrabbiato, il Profeta, ogni frase che dice è come una sentenza, Velardi (ancora lui!), maturo e assennato e poi il “Regno degli amici”, quella misteriosa casa abbandonata sul naviglio, quale migliore luogo per rifugiarsi, ascoltare musica, leggere fumetti, stare al sicuro, lontano dai grandi, per fare i grandi.
E infine Valli, che spunta all’improvviso come un raggio di sole nella nebbia, un arcobaleno di inconsapevole ed ancora innocente bellezza.
E poi l’estate degli anni 80 in una Milano di periferia quasi deserta, la nazionale che ha appena vinto i mondiali, i fumetti marvel, playmen, i talking heads e la musica progressive. Ottima cornice per una storia che diventa subito avvincente con l’arrivo di Valli, che scatena la tempesta dopo una quiete quasi perfetta.
Intendiamoci, sono al terzo libro di Raul, scrittore che amo come pochi, e che per l’ennesima volta non mi ha deluso, anche se questa volta il suo tratto sulle pagine è, come posso dire, lieve, il suo narrare meno graffiante, i personaggi appaiono più leggeri, sembrano come osservati attraverso una lente leggermente sfocata, e questo anche perché Montanari decide di raccontare la storia attraverso il ricordo di Demo, che rivive quell'estate anni dopo grazie ai suoi diari ricchi di dettagli e descrizioni.
Che la struggente nostalgia del ricordo abbia colpito anche te, mio caro Raul?
“Prendo un gran respiro e di nuovo mi incammino, questa volta senza più girarmi indietro. Non ho più niente da fare qui.”