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Estella, Marcello, Alento. Il tempo che fu.
Quando Estella arriva ad Alento, borgo immaginario destinato all'abbandono e allo sfacelo, non è altro che una giovane diciottenne fuggita prima da genitori che non hanno saputo donarle amore e di poi da quel convento dove Dio non le ha offerto asilo, una donna senza famiglia e senza radici.
Trovato lavoro quale istitutrice presso una delle poche famiglie benestanti del luogo la giovane inizia subito a prendersi cura del suo sedicenne Marcello ricoprendo anche ruoli che vanno ben oltre il compito assegnatole.
La personalità del ragazzo velata dalla maschera dell'intelligenza nonché da quella del cinismo non è altro che una facciata di quel che questo è; l'odio verso le persone che costantemente “invadevano” la sua casa, i continui sbalzi d'umore in cui ora si mostrava amorevole ora rissoso non erano altro che “l'imbuto” con cui contenere quel rammarico mai espresso ne mai compreso.
E' un turbinio di emozioni Marcello, sempre contenute mai consumate. La stessa attrazione che nutre verso Estella è un qualcosa che cercherà di negare, di non ammettere, nascondendosi in quell'idillio dell'abbandono, dell'essersi liberato di un peso quando si trasferirà dalla casa della sua giovinezza sita nella vecchia cadente porzione di paese a quella nuova e solida nella porzione più sicura di terra. L'amata si farà carico delle memorie dell'abitazione, delle storie del posto, dei giorni che furono e delle scelte che li determinarono e dunque rifiuterà di spostarsi da quel luogo che ben otto anni prima l'aveva accolta, lei che non indossava altro che stracci, lei che fuggiva da un mondo senza amore e comprensione. Sacrificherà la sua intera vita alla memoria pur di far rivivere quei momenti in cui il borgo pullulava di speranza e di futuro. I fantasmi del passato non mancheranno di tornare a farle visita – insieme all'instancabile Marcello che più volte tenterà di portarla via con sé da quel mondo di ieri – cercando di trasmettere la propria amarezza per quell'esistenza che Estella cerca di tramandare e da cui loro sono delusi, sconfitti, puniti. Cercano di farla riflettere, di farle capire che hanno già pagato per i loro errori e che altro non possono fare per espiare quelle colpe che in vita li hanno indotti a quella sorte, la invitano pertanto a cambiare il suo futuro nonché il loro passato rendendogli ora espio da quelle sconfitte.
Una narrazione intensa è quella che Carmen Pellegrino ci regala, una esposizione malinconica che avvolge il lettore e lo invita a riflettere su passato, presente e futuro, sul tempo che ci resta e di quel che di noi sarà prima dell'inevitabile oblio.
Alento, tramite i silenzi e le parole dell'autrice non è più un borgo immaginario nella mente di chi legge ma un luogo concreto e tangibile ricco di aneddoti, feste, gioia, tristezza, rimpianto. Non stupitevi di provare la sensazione di osservare l'olmo, di camminare per quelle vie che lo hanno reso così speciale, perché tutti abbiamo una nostra Alento nel cuore.