Dettagli Recensione
Il semplice segreto di una donna innamorata
Dopo “L’amica” questo è il secondo romanzo del giovane scrittore fiorentino Nicola Ronchi.
Il lettore non si lasci fuorviare dalla copertina in stile “Grand Guignol”, il romanzo non è semplicemente un thriller “sensu strictu” o una banale storia horror lugubre e angosciante, tutt’altro.
Certo, non mancano autentici momenti di pura suspense, pagine in cui l’accorto fluire della narrazione, avvalendosi del sempre valido artificio di evidenziare in corsivo i dialoghi più intriganti, provoca curiosità, attenzione, e fiumi di adrenalina si riversano in circolo invogliando il lettore a scorrere le pagine più in fretta per “…sapere quanto prima che succede, come va a finire…”.
Sono momenti mai fini a se stessi, piuttosto inseriti ad arte nello schema narrativo con logica e razionalità, diciamo subito che non si rinvengono nessun inutile orpello paranormale o una facile fuga nell’inspiegabile o non detto. Ronchi non mente, non bara e non depista: narra con onestà intellettuale, e racconta bene, come ogni buon scrittore dovrebbe fare.
Se proprio occorre catalogarne il genere, operazione sempre assai ardua, allora “Il segreto di Elena” è un thriller psicologico, un romanzo alla Wulf Dorn, per intenderci, e soprattutto i lettori che già conoscono lo scrittore tedesco capiranno perfettamente il riferimento nello specifico. Intendiamoci subito quindi, l’ultima fatica di Ronchi è un buon libro, ma non ha niente a che fare con storie alla “non aprite quella porta”, nessun bagno di sangue o serial killer, gli amanti del genere faranno meglio a dirottare altrove le loro scelte. “Il segreto di Elena”, dirò di più, non è solo un buon romanzo, è soprattutto una bella storia d’amore, per quanto possa apparire strano e per la copertina e anche dopo una rapida scorsa al prologo e alle prime pagine, esso è un romantico, sensibile e quanto mai reale racconto d’amore, l’amore che quando è davvero tale, travalica ogni logica e ogni apprensione, insiste, persiste, si ostina per salvaguardare l’amato bene. A costo di farsi male in prima persona. Ronchi ci offre una intensa, tenera, delicata storia d’amore, intricata e intrigante. Certo, forse può apparire una storia strana, originale, rara per non dire unica, ma non è vero, non è neanche tanto vero. Se solo ci soffermiamo un attimo a considerare quanto sia stressante la nostra esistenza, quanto siano logoranti, nevrotici e schizofrenici, i tempi in cui viviamo, quanto ci costa in termini nervosi la nostra corsa quotidiana, appesantiti da tutti gli inutili ma pesantissimi fardelli per il cui possesso siamo quotidianamente condannati a consumarci, allora ci rendiamo conto che tutta la nostra vita e i nostri affetti risentono di questa incessante usura e neanche l’amore, quello vero, è immune da certe forme di cattiva influenza che ormai tutto avvolge e con cui tutti dobbiamo aver a che a fare.
Inutile nasconderlo, la violenza, specie quella domestica e nell’ambito familiare, e ancora il femminicidio, gli abusi di tutti i generi, fisici e psicologici, gli omicidi per futili motivi, il bullismo, la pirateria stradale, il sesso fine a se stesso, il terrorismo, i soldi facili, la droga, la generale decadenza dei valori della solidarietà e della condivisione, tutto questo riguarda tutti, è un velo di follia neanche tanto velato vicino a tutti noi, nessuno escluso, fa parte del nostro vissuto, ne è intrisa la società moderna, e tutti dobbiamo farne i conti. Perciò la storia di Ronchi non è un caso unico e particolare, è cronaca reale e quotidiana, ciò che racconta accade e può accadere, più spesso di quanto si creda. E’ poi inevitabile che la storia ci commuova o almeno ci coinvolga emotivamente, se l’unico talismano in grado di raddrizzare una situazione nata storta e cresciuta sbilenca è un cristallino sentimento di amore, amore vero, puro, immenso, amore senza fine, amore stile adolescenziale, quell’amore che ti spinge a voler condividere la tua esistenza per sempre con la persona amata. Non a caso la colonna sonora del romanzo è la citata e quanto mai azzeccata “Ti sposerò perché”, vecchio successo degli anni ottanta di Eros Ramazzotti.
Per davvero intendono sposarsi, e presto anche, i protagonisti del romanzo Dario Ferrini ed Elena Coralli: sono una coppia di ragazzi come tanti, già conviventi da un paio d’anni e innamoratissimi a ogni istante di più. Impiegato lui, trentacinque anni, piccolo, pacifico, serioso e paffutello, trentenne restauratrice di quadri lei, bellissima, allegra, solare, propositiva, si incontrano casualmente ad un corso di informatica, e per quanto diversi nel fisico e nello spirito, come spesso succede proprio per questo sono inevitabilmente attratti l’uno dall’altro. Subito è amore a prima vista, un grande amore e un amore grande, stile “a te” di Jovanotti, per intenderci. Vanno ben presto a convivere nella casa di lui, nel suo paesello natale, un tipico paesino della campagna toscana, dove tutti conoscono tutti, un paese quieto, pacifico, sonnacchioso e vitale insieme.
La loro esistenza scorre placidamente, tra il lavoro e gli amici del cuore, la top model Alessia per lei e per lui il cugino Alessandro, maestro di tennis e playboy del paese, e il meccanico Alberto, l’amico d’infanzia, nonché i soliti amici del bar, Picchio e Serra, figure usuali, stereotipi in questo contesto piccolo provinciale. I due giovani si amano, senza dubbio alcuno, seriamente e intensamente: per quanto possano essere diversi e differenti, per vissuto e origine, sono legati inestricabilmente loro malgrado dall’antica alchimia che da sempre regola, con leggi misteriose ed ineffabili, l’andamento del mondo. Né vale a scioglierlo questo legame eventi casuali come l’intimo, esclusivo e assoluto rapporto tra Elena e Alessia, che Dario non ha ancora neanche mai vista e conosciuta, oppure l’evento delittuoso che ha inciso indelebilmente l’animo di Dario adolescente, allorchè i suoi genitori furono barbaramente uccisi in una presunta rapina andata a male. Nemmeno ci riescono le piccole baruffe e gelosie tra amici, in effetti, sia Alessandro sia Alberto sono anche loro intimamente e segretamente innamorati di Elena: difficile non esserlo, trattandosi di una ragazza fuori dal comune, tanto semplice quanto elegante, tanto solare quanto discreta, e più di uno si chiede come possa una ragazza eccezionale, splendida e splendente come lei, così unica e speciale, parecchio sopra le righe, legarsi tanto a ragazzo tanto bravo quanto insignificante come Dario.
Ma tant’è, l’amore come detto è una chimica misteriosa e inspiegabile, ed i due progettano a breve il loro matrimonio e la creazione di una propria famiglia. Sennonché un evento fortuito e disgraziato insieme, apre all’improvviso uno squarcio nella tela di un’esistenza del tutto normale e prevedibile, risucchiando i protagonisti in un vortice che ben presto si rivela un vero e profondo gorgo di un incubo tra i peggiori. Elena si ferisce accidentalmente con un rasoio, Dario si precipita precipitosamente insieme con lei al pronto soccorso, e il banale incidente svela all’improvviso un mondo sconosciuto, inquietante e incredibile a un tempo, racchiudibile in un solo termine: autolesionismo. Sul corpo di Elena la presenza di tagli, antichi e recenti, testimonia il ricorso a una tecnica assurda, infliggere delle ferite al corpo di modo che il dolore fisico occupi il posto di quello mentale. Un segno di grave sofferenza psicologica che ha sempre gravissime e profonde motivazioni, un macabro rituale cui, come dicono i medici prontamente consultati, occorre reagire con sedute di psicoterapia volte a ricordare, riconoscere e rimuovere il disagio, e che comporta anche il ricovero in clinica di Elena e la parziale separazione dei due giovani. Come ovvio, si tratta di un duro colpo per i due protagonisti, proiettati all’improvviso e brutalmente in una realtà atipica e sconvolgente, che li obbliga a un percorso di recupero del loro vissuto, un’immersione in tutto quanto di sgradevole rimosso coscientemente o meno a fini salvifici dalla propria psiche, e la cui rielaborazione appare indispensabile per la completa guarigione. Questo rivelarsi, questo scoprirsi, questo rielaborare, è un iter doloroso e disperato, e soprattutto Elena non esita a metterlo subito in atto, spinta dall’amore estremo per il suo uomo. Per amore si lotta, si sopporta, ci si sacrifica, ci si ostina a guarire e a guarirsi, e solo una donna sa farlo fino all’estremo. Il segreto di Elena consiste semplicemente nel suo essere una donna veramente innamorata, come solo una donna sa esserlo. E’ un vero e proprio viaggio nei fantasmi del passato, è un aggirarsi nei meandri più bui e lugubri della mente umana, ha sbocchi imprevedibili, macabri e orrorifico, ma è l’amore che trionfa, di là dalle apparenze è sempre l’amore che vince, l’amore rigenera sé stesso, non muore mai. L’amore non muore, cambia ma si ripresenta sempre uguale, magari sotto altre, insospettabili sembianze, l’amore scintilla perchè è un astro di luce propria, non un riflesso sulla lama di un rasoio. Un bel libro, dicevamo, anche ben scritto; può apparire lezioso, con uno stile ricercato, invece è uno stile molto accurato, l’autore ha lavorato di lena, non diremmo di rasoio, ma di cesello, su quanto la sua fantasia gli suggeriva. Ronchi si rivela un artista eclettico, e sensibile, riversa su carta il proprio bagaglio artistico, non disdegnando però il duro lavoro di riscrittura e rifinitura accurata che in ogni buon scrittore deve necessariamente accompagnarsi al talento: la luce che scintilla sulla lama del rasoio è un’immagine suggestiva che può fungere da pretesto narrativo, ma la luce ci vuole. Nicola Ronchi la luce l’ha, è questo il suo segreto.