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Le città invisibili
 
Le città invisibili 2015-07-23 20:19:59 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    23 Luglio, 2015
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Piccole tessere del regno smisurato

“(...) il trionfo sui sovrani avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.”

Sulla scalinata del palazzo reale, il Gran Khan ascolta i racconti sul suo regno, sin dove esso si estende. Perché un re, costretto nella sua reggia, può conoscere i suoi domìni meno di un qualsiasi viaggiatore.
Chi gli siede accanto non è un viaggiatore come gli altri: è il veneziano Marco Polo, che ha girato le terre di quello sterminato regno d'Oriente, conoscendolo attraverso gli abitati che i sudditi vi hanno edificato.
Cinquantacinque città, quelle che lo straniero descrive, e tutte hanno un nome di donna: Zora, Maurilia, Valdrada, che si specchia nell'acqua come sia due città gemelle, Eutropia, Aglaura, Ersilia, fatta di fili tesi tra gli spigoli delle case, Melania, i cui abitanti vivono, rappresentano delle parti e nella morte si danno il cambio, Perinzia e tante altre.
Sulla scalinata del palazzo Marco Polo racconta, Kublai Khan ascolta, a volte vede immagini di città e chiede al viaggiatore in quale punto del regno si trovi ciò che lui immagina; altre volte si convince che quelle città narrate non esistono, o presto non esisteranno; o ancora che Marco Polo in qualche modo racconti sempre della stessa città, la sua Venezia.

Surreale più che debitore dei simboli, “Le città invisibili” è stato definito da Pier Paolo Pasolini il più bel libro di Italo Calvino. Vi si racconta di luoghi che si diluiscono in oggetti, connessioni, contraddizioni, incantesimi.
Cinque ritratti per ognuna delle undici sezioni dello scritto: le città vengono descritte per la memoria che conservano, i segni che le riepilogano, gli scambi che ospitano, gli occhi che sono in grado di attirare, il desiderio che contengono, il cielo che lambiscono, il nome che portano, i morti che continuano a viverci. Infine le città “sottili”, la cui linea di confine tra una cosa e il suo contrario è molto labile; le città “nascoste”, che recano in sé magie non facilmente decifrabili; le città “continue”, che riescono a rinnovarsi incessantemente.
E' tutto questo non è ancora il libro, perché il filo della narrazione è dato da un ulteriore racconto: quello del narratore (Marco Polo) che descrive le città all'ascoltatore (Gran Khan), tacendo del fatto che essi hanno alle loro spalle lo spettatore (il lettore). A volte, poi, i due soggetti si scambiano i ruoli: è Kublai Khan a raccontare di città mai viste, chiedendo a Marco Polo di abbinarle alle proprie visioni. Espediente narrativo – quello del racconto nel racconto – che regala al libro uno splendido alone di nostalgia, l'opportunità di rincorrere il paradosso e, in ultimo, una nuova occasione di riflettere sull'esistenza.
Alla fine le città invisibili sono il contrario delle nostre città invivibili (come sosterrà l'autore), o forse sono il racconto di quello che gli uomini hanno voluto creare, o forse di quello che non sono riusciti a creare pur intendendolo fare (in quanto monadi, gli uomini non sono in grado di fondare un luogo che realizzi una volontà unanime). O forse c'è ancora un'altra spiegazione, che non è dato intravedere...
E' il pregio di questo volume (e il motivo di tante interpretazioni e studi che lo hanno riguardato, fin nei meandri della sua costruzione logica, posto che davvero ci sia): Calvino medesimo affermò che libri come questo superano l'intenzione del loro autore e diventano piena proprietà del lettore. Un indizio anche questo?

“Forse l'impero, penso Kublai, non è altro che uno zodiaco di fantasmi della mente.
-Il giorno in cui conoscerò tutti gli emblemi,- chiese a Marco, -riuscirò a possedere il mio impero, finalmente?-
E il veneziano: -Sire, non lo credere: quel giorno sarai tu stesso emblema tra gli emblemi.-”

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
i racconti di Jorge Luis Borges, "Le mille e una notte", la "trilogia" dello stesso Calvino.
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Commenti

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Rollo Tommasi
24 Luglio, 2015
Ultimo aggiornamento:
24 Luglio, 2015
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Altre bellissime recensioni di questo libro hanno preceduto la mia. E' bello, in particolare, vedere come ognuno lo interpreti a suo modo. Una conferma della sua peculiarità.
Un libro che non esiste, poliedrico nella sostanza e nell'essenza. Cangiante, che cambia più in fretta dei propri lettori, tanto che ogni interpretazione voltando pagina si è già dissolta. Ho amato Le città invisibili e credo che poche opere riescano a prendere le distanze dal "finito" come questa; in fin dei conti è un libro che non si è mai letto e non si leggerà mai. Bella recensione! Loris
Grazie! Sono d'accordo su tutto, tant'è che ho dato uno "stranissimo" voto al contenuto, per una volta. È difficile da spiegare, ma si potrebbe dire che questo libro non ha un contenuto vero e proprio, o comunque non così netto... Dici bene, Loris: è un libro che non si leggerà mai, perchè, se non sfuggirà alla lettura, tuttavia non si lascerà mai terminare.
I social network pullulano di citazioni di questo romanzo, per questo l'ho messo in lista già da un po'.
Non so se sia il più bello di Calvino (anche se lo spirito critico di PPP è un'ottima referenza), ma sicuramente è un'opera così immaginifica e versatile! Sempre interessante percepire la tua sensibilità tra le parole che scrivi, ciao Rollo :-)
Grazie Bruno: i tuoi complimenti fanno piacere. Anche io non so dirti se sia il libro più bello di Calvino, giacchè ho letto poco di questo autore: in verità letture di anni fa, "Marcovaldo" e "Lezioni americane", non mi avevano del tutto convinto.

Credo, Cristina, che sia un libro che possa affascinarti. Piacerti in ogni sua implicazione non lo so...
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