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UN LIBRO STORTO, ANZI STORTISSIMO
Ci ho riprovato: ho dato una seconda possibilitá a Mauro Corona. Peccato, un’altra delusione.
L’autore in quest’opera ipotizza un’improvvisa ed inaspettata fine dei combustibili fossili e le conseguenze che si presenterebbero, raccontate al presente, in contrapposizione al modello sociale precedente dipendente dal petrolio, raccontato al passato. Si tratta di un pretesto per riflettere sulla mancanza di valori propria della nostra societá industriale rispetto alle virtú dell’antica societá contadina.
Un racconto dall’ambientazione post-apocalittica dunque. No, non immaginate una toccante narrazione tipo, per esempio, La Strada di McCarthy. In primo luogo perché, a parte la fame che fa fuori gran parte della popolazione mondiale e a cui si accenna freddamente per dover d’informazione, il cambio di corso é giudicato positivo, é appunto “la fine del mondo storto” e non é certo rappresentato con tono angoscioso e drammatico. In secondo luogo perché McCarthy, se voleva comunicare ad esemprio la sofferenza dei due protagonisti, li faceva parlare con un botta e risposta freddo, asciutto, telegrafico, da cui si doveva (e poteva) intuire il loro stato d’animo; faceva, insomma, della letteratura; Corona, per intenderci, se la sbrigherebbe piú facilmente scrivendo “la gente é triste”, che non chiamerei certo letteratura, bensí cronoca.
La Fine Del Mondo Storto é soprattutto una critica alla condizione e alla natura umana, scritta con l’occhio di chi guarda da una distanza temporale fittizia. Ma nessuno osi paragonarlo nemmeno a Il Signore Delle Mosche! Se quello di Golding era un romanzo allegorico, questo non é nemmeno un romanzo, a prescindere dallo scarto in simbolismo! Giá, perché non vi sono personaggi, non vi sono dialoghi, vi sono solo categorie sociali, o meglio ex-categorie alle prese con il nuovo assetto economico. Entrambe le opere hanno sí la stessa finalitá di comunicare un giudizio sul carattere dell’uomo e su come si organizza, ma l’opera di Golding, a differenza di questa, é artisticamente rilevante proprio perché passa il messaggio in maniera indiretta, con la geniale trovata di raccontare una storia avventurosa ed avvincente.
Qui di avventuroso ed avvincente non v’é proprio nulla, di minimamente interessante riconosco giusto qualche isolato ed impacciato tentativo di satira, come quando si rimproverano i vecchi politici, adattatisi a fare i contadini, di zappare un po’ di qua ed un po’ di lá, chiaro rimando ai cambi di partito per convenienza; ma pure Orwell é, fortunatamente, tutt’altra cosa.
A cosa somiglia? Somiglia a Superquark, o Ulisse, o qualunque sia il nome del recente programma di Piero e Alberto Angela. Esatto, ricorda proprio quei documentari in cui gli Angela si “calano” nell’antica Roma, piuttosto che su Marte o nel corpo umano e da lí ci descrivono, con linguaggio chiaro ed informativo, il luogo/tempo in cui si sono artificiosamente catapultati. Il paragone mi sembra azzeccato, da un lato perché qui la trama é inesistente, dall’altro perché lo stile é proprio quello: divulgativo.
Divulgativo si ma distaccato no; traspare infatti l’opinione personale dell’autore e si avverte quanto il tema gli stia a cuore, tanto da farsi scappare pure qualche parolaccia.
Come la pensa dunque Corona? Secondo Corona la montagna e la campagna ci salveranno e la fine dei combustibili fossili é piú che altro lo spunto per far di queste l’elogio, attraverso la descrizione di tecniche, usanze, tradizioni, mestieri tipici.
E’ la rivincita ahimé pretenziosa di contadini e pastori su industriali ed intellettuali, della manualitá sulla professionalitá, della pratica sullo studio. Peccato non riuscire a simpatizzare con i montanari ed i contadini di Corona, dipinti in questo libro come eroi senza macchia salvatori di coloro che furono ricchi, a cui insegnano il mestiere.
A questi santi altruisti delle montagne e delle campagne si contrappongono appunto i ricchi delle cittá che incarnano il male (nella profezia di Corona sono questi i primi a praticare il cannibalismo), ma non solo: in pratica tutte le categorie sociali diverse da contadini, pastori e guide alpine sono umiliate. Proprio cosí, pare ci sia posto per redimere solo tre categorie sociali ed una é proprio la guida alpina, non si sa bene a che titolo! Non si salvano nemmeno gli artisti, tantomeno le opere d’arte, che vengono bruciate per scaldarsi.
Il sogno di Corona é un’economia mossa dal baratto ed una societá fondata sull’uguaglianza, di indubbio stampo socialistico e dove inverosimilmente tutti fanno i contadini; nonostante la vocazione personale di ognuno possa essere altra dall’agricolutra, tutti si scoprono felici.
Era davvero cosí idilliaca la societá contadina? Corona pare concentrarsi solo sugli aspetti del nuovo corso storico favorevoli alla sua tesi: a parte la seccatura della fame, dipinta non tanto negativamente perché miete vittime, quanto positivamente perché pare “avvicini gli uomini”, sembra che non si senta la mancanza di nulla di ció che fu proprio della cosiddetta modernitá.
Nonostante la fine del consumismo abbia condotto la societá alla perfezione propria dell’economia di sussistenza, il sogno si infrange nella pessimistica involuzione del finale, zeppo di sfiducia nell’uomo.
In breve, pochi discutibilissimi contenuti ripetuti e straripetuti all’inverosimile. Questa é forse l’unica analogia con l’altro libro di Corona che ho letto, Come Sasso nella Corrente, ovvero lo sforzo vano che si percepisce nel creare sostanza quando il tutto potrebbe esaurirsi in poche pagine.
Uno scritto prima utopico poi distopico, anarchico, pseudoecologista (qualcuno spieghi a Corona che non vi é da compiacersi nel ritornare a scaldarsi e cucinare bruciando legna anziché gas naturale, dato che la legna inquina decisamente piú del gas), farcito di banalitá, inesattezze, scenari poco plausibili e luoghi comuni.
Un’occasione persa, perché i valori positivi che vuole comunicare, come l’importanza delle doti manuali, del vivere a contatto con la natura e della rinuncia al superfluo, sono appannati da troppa arroganza e presunzione.
Brutto.
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Commenti
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Comunque se vuoi dare una terza possibilità a questo autore prova con "il canto delle manère", a me era piaciuto molto-Ciao
Bella recensione per un libro che si rivela un po' presuntuoso sin dal titolo... o no?
La mia recensione si basa sull'essenzialità, i giudizi altrui non mi scompongono.
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