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Un capolavoro della letteratura italiana
Romanzo d’esordio e indiscusso capolavoro, scritto, rielaborato, ampliato, corretto, più volte pubblicato in primis da Adelphi nel lontano 1984, poi più volte da Mondadori e infine da Rizzoli : Aldo Busi si racconta, con il consueto impeccabile stile, distribuendo in vari capitoli pensieri ed esperienze, da Montichiari con il piccolo e caparbio Barbino, via via fino alla fuga dalla famiglia e dal paese natale e la vita raminga in cerca di lavoro a Milano, Parigi, Lilla. Ed ecco i personaggi più strani e inconsueti, vivisezionati con amore e con rabbia, da Comare Volpe allo Strabico, dal Ciondolo al Colonnello fino alle tre protettrici cui dedica pagine e pagine accorate e pungenti. Come si possono dimenticare la piccola e innamorata Arlette, che gli presta alloggio e assistenza, sino a consumarsi in un amore cocciuto e non corrisposto, e le sue altolocate e sfuggenti amiche Suzanne e Geneviève, portatrici forse di segreti innominabili e di attenzioni che il narrante sopporta tra curiosità e disgusto, sempre teso alla ricerca di una sua libertà senza vincoli e condizionamenti. La scrittura, come si sa , non è sempre facilmente comprensibile, e nemmeno traducibile agevolmente, e Busi ne è consapevole, nelle varie edizioni del romanzo all’estero. Ma l’Autore se ne fa quasi un vanto : la sua forza è la genuinità, la capacità di entrare nel vivo delle convinzioni e delle sue adamantine certezze, sino a perdersi talora nell’invettiva feroce o in un linguaggio crudo e diretto, ben oltre l’ipocrisia dell’andazzo corrente e dei consueti luoghi comuni. I nemici sono i soliti : i perbenisti ipocriti, i falsi predicatori, i giudici che puntano il dito e razzolano nei liquami della spazzatura. Ne emerge un’etica lampante, un personaggio vittima di tutto e tutti, che si vendica denunciando e demolendo le persone di fronte alla società, soprattutto quelle (le peggiori) che si danno poteri che non hanno. Un capitolo a parte (“Diario di un barista”) racconta le esperienze giovanili milanesi, con un’ironica descrizione dell’amicizia con Eugenio Montale e varie esperienze con artisti, galleristi, personaggi ricchi ed ambigui, Adel l’Egiziano, l’amico dal ciuffo bianco…. Una serie di aneddoti, incontri, riflessioni, dialoghi, intuizioni, divagazioni, in cui ci si può perdere (il cosiddetto filo lo si perde spesso), ma che sfociano, attraverso una scrittura impeccabile, in pura letteratura. Il romanzo è densissimo, da gustare frase per frase ; ma lo Scrittore (con la S maiuscola come scrive Busi) è anche conscio che tutto si disperderà in un oblio ovvio e naturale. E termina : “… che resta di tutto il dolore che ho creduto di soffrire ? Niente, soltanto delle reminiscenze contraffatte, delle fiabe apocrife…..”.
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