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Il delirio di un universitario
Branchie è il primo libro scritto da Niccolò Ammaniti, realizzato nel corso dei suoi studi universitari. Ci viene narrato di Marco, un giovane malato di cancro che intraprende un viaggio verso l'India per costruire un acquario, ed è li che vive una serie di avventure sempre più tendenti verso il surreale.
Branchie, forse non l'ho ancora precisato, è delirio puro. Ammaniti non si cura di piacere al lettore, di risultare credibile ai suoi occhi o di proporre qualcosa che possa intrattenere in modo sensato: il suo è un puro viaggio visionario in un mondo tanto improbabile quanto instabile nelle sue fondamenta, permeato di ironia nera e di uno stile noncurante di essere politically correct. La graduale trasformazione da romanzo con una premessa del tutto normale - quella precisata all'inizio - verso un concentrato di storie al limite dell'assurdo è posto con naturalezza da Ammaniti, che non si sente in dovere di giudicare il suo viaggio.
E seppur sia da applaudire la sua noncuranza nei confronti di norme stilistiche canonizzate o ad una trama che debba necessariamente rispettare dei modelli già affrontati, non si può d'altra parte ignorare che Branchie è fondamentalmente un'opera estremamente vuota a livello contenutistico, che non propone - e non vuole proporre - nulla che colpisca il lettore a livello emotivo o che lo porti a riflettere su qualcosa.
Trattasi dunque di uno scritto senza pretese, che si fa trascinare dall'onda e si evolve in sé stesso risultando quasi un immenso flusso di coscienza riportato in un romanzo. E come tale deve essere affrontato.