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Il dolore perfetto
 
Il dolore perfetto 2015-07-02 09:48:14 Anna_Reads
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    02 Luglio, 2015
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Un triste Macondo in salsa toscana

Ugo Riccarelli – Il Dolore Perfetto – 2004

SPOILER

Andavo abbastanza sul sicuro, con questo titolo, consigliatomi dai due dei miei "pusher" più affidabili e invece…
[Ricordo – di passata – che quando parlo male di un testo intendo solo dire che non mi è piaciuto e che non mi sognerei mai di muovere critiche personali all'autore o – tanto meno – ai suoi lettori, perché sarebbe illogico].

In estrema sintesi "Il Dolore Perfetto" mi è parso un tentativo di servire Macondo in salsa toscana con esiti che, però, mi hanno ricordato una versione scialba, triste e scolorita di "La casa degli Spiriti" di Allende (che, secondo me, di Cent'anni di Solitudine non era manco parente, per inciso, ma fa niente).
Abbiamo la storia di due famiglie, raccontata in parallelo, fino al momento dell'unione causata dall'amore fra Cafiero ed Annina. Sullo sfondo la storia d'Italia da poco dopo la sua nascita al periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale.
La narrazione scorre abbastanza facilmente e a tratti felicemente, pur non potendo contare su personaggi "indimenticabili" o con cui sia facile empatizzare (o almeno… per me è stato decisamente impossibile).
Fra donne abbastanza insopportabili che, ad un certo punto – come ci informa l'autore – sono circonfuse d'amore e questo le rende wonder-woman ad uomini tanto carucci che o tirano il calzino in modo prevedibile o danno fuori di matto. Si salvano, in parte, giusto il Maestro (forse per la rimembranza di quello di Auster? Chissà.) e suo figlio Mikhail, giusto perché a questi due personaggi (ed in parte ad Ideale1) l'autore fornisce un qualche tentativo di caratterizzazione.
Il tutto condito con quello che – forse – vorrebbe essere "realismo magico", ma che in realtà sembra un "perché sì e non fare domande".
Abbiamo visioni, apparizioni, sogni premonitori, voli miracolosi, precognizioni, un inopportuno profumo di viole, parti miracolosi, personaggi bislacchi che appaiono dal nulla, nel nulla ritornano e dal nulla riemergono per poi dissolversi nuovamente, magari nel sapone e, infine, la cosa – per me – più irritante, il vezzo di alcuni personaggi di avvolgere perennemente quelli che stanno soffrendo in un lenzuolo/coltre/sudario/trapunta di parole, che giuro che se lo diceva un'altra volta mi mettevo ad urlare.
Al di là delle mie idiosincrasie, trovo che il grosso limite di questo romanzo sia nella resa dei personaggi che vengono descritti nel loro animo, ma mai – o raramente – fatti agire in modo concreto e comprensibile; ad esempio, la Vedova, icona dell'amore, circonfusa d'amore etc… agisce, parla, fa qualcosa?
L'autore ci racconta cosa vede, cosa sogna, cosa pensa, ma mai abbastanza bene da farci "sentire" qualcosa di lei. Rosa non ne parliamo neanche.
Show don't tell.
Qui invece siamo decisamente nel regno del "Tell don't show".
Annina in parte si sottrae a questo fato, ma a questo punto è la vicenda che non la sostiene più; la vicenda familiare dei figli di Annina perde decisamente interesse a vantaggio della "storia reale" del periodo, per tacere delle menate di Natalia e delle sue lettere e del particolare finale dell'esplosione dell'aereo per la "distrazione" di Anis'ia che causa la morte del cugino "ritrovato".
No. Ma proprio NO.
L'idea di dare circolarità al tempo e di collegare le lontananze con le suggestioni e con il logos va bene, ma qui non ha decisamente funzionato.
Infine, secondo me, inserire l'elemento magico in una storia realistica è come infilare un elefante in una stanza e sperare che nessuno lo nomini.
Se sei Marquez ci riesci ed è un capolavoro.
Se sei la Allende ti viene una cosa edulcorata con la protagonista che sposta gli oggetti con il pensiero, sullo sfondo, e – se riesci a costruire un plot interessante – la cosa può funzionare.
In questo caso i personaggi non funzionano, la storia dei personaggi è poco appassionante, del magico non importa a nessuno, mentre quello che si salva sono alcune descrizioni/momenti in cui la Storia impatta sui luoghi e sulle comunità:
"E così atroci furono le parole di quelli che partirono ragazzi e tornarono uomini fatti e sconciati che la fantasia narrativa di tutto il paese si arrese di fronte all'immensità di quell'orrore, e per la prima volta nessuno, dal Colle fino alla Piana, riuscì a raccontare quelle vicende diversamente da come in effetti erano state riferite, rinunciando all'innata capacità di narrare le cose della vita come piaceva a loro, e non alla vita."
Queste parti non sono rare e, in genere, sono molto belle.
Spero di trovarne molte negli altri libri di Riccarelli.

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Commenti

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Ho letto tempo fa questo romanzo e ricordo di esserne stata colpita in particolare per quelle perle che anche tu hai riportato e condivido la "circolarità del tempo" che l'autore mette in evidenza. Per il resto non mi è dispiaciuto, lascia molto campo alla riflessione personale anche se l'ho trovato troppo dispersivo, troppo lungo soprattutto all'inzio, mi sembrava quasi una soap opera. Bello il tuo parallelo con Marquez e Allende, tra i miei autori preferiti, a cui non avevo pensato.
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
04 Luglio, 2015
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Ti ringrazio :)
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