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Il bacio del pane
 
Il bacio del pane 2015-07-02 06:16:19 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    02 Luglio, 2015
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Di certo non grande letteratura

Dopo aver letto La collina del vento ed esserne rimasto francamente deluso, tanto che il mio giudizio critico scritto nell’occasione è in pratica una mezza stroncatura, ho voluto tuttavia approfondire la conoscenza del suo autore, al fine di verificare se quel lavoro, pur vincitore di un Campiello, fosse stato un fenomeno episodico. Mi ero rammentato infatti che per un altro narratore fra i miei preferiti, Mauro Corona, ero rimasto piuttosto insoddisfatto di un suo romanzo, finalista fra l’altro al Campiello dello scorso anno, un’opera che oserei definire illeggibile, perché La voce degli uomini freddi altri non è se non una noiosa litania di un concetto indubbiamente valido, cioè quella necessità di vivere in accordo con la natura che è da sempre nelle corde dell’autore ertano e pure nelle mie.
Mi sono detto allora che il mio giudizio sul romanzo di Abate non doveva diventare un giudizio su chi l’ha scritta, vale a dire che non dovevo effettuare una ingiusta generalizzazione, e per far questo era ovviamente necessario che leggessi almeno un altro lavoro di questo romanziere calabrese.
La mia scelta è caduta su Il bacio del pane ed è stata determinata dagli entusiastici commenti presenti su Internet Book Shop.
L’ho reperito nel mio circuito bibliotecario e l’ho letto, ma anche questa volta non sono rimasto soddisfatto, poiché ho trovato alcuni elementi che considero non positivi, primo fra tutti che Abate continua imperterrito a dividere l’umanità fra buoni e cattivi, o meglio ancora i suoi personaggi o sono tutti buoni o sono tutti cattivi. Certo ci sono i profumi della sua terra, un’accurata descrizione della natura, ma è un ambiente che sembra ricostruito come il teatro di posa di una pellicola, cioè manca di quella spontaneità che si ritrova in Mauro Corona e in Mario Rigoni Stern che non solo raccontano quello che vedono con gli occhi, attraverso il filtro del cuore, ma che anche sono capaci di proporre sensazioni ed emozioni con una misurata partecipazione. Inoltre i contenuti delle loro opere non sono nemmeno paragonabili a La collina del vento e a Il bacio del pane, questi ultimi prodotti ben confezionati, non c’è che dire, ma con ben poca sostanza.
In particolare in questo libro di cui sto scrivendo c’è una gioventù un po’ di maniera, ben delineata, ma manca di realtà in una storia tutto sommato piccola piccola, con un alone di mistero ben presto svelato e addirittura infilandoci la malavita organizzata calabrese. Sarebbe potuto anche andar bene, ma il tutto sembra posticcio, messo lì come tante belle statuine di un presepe e con una dose assai bassa di attendibilità. Certo ci sono giovani che si amano, bisticci di fidanzati, un modesto velato erotismo e perfino il lieto fine che non guasta mai, ma si è persa l’occasione per scrivere dell’endemico problema della Calabria, di quelle cosche malavitose che la impoveriscono e rendono la vita non facile ai suoi abitanti; questo tema della criminalità che strangola quella regione è stato appena accennato e sembra messo lì per cercare di dare almeno un accenno di brivido a chi legge.
Mi sono chiesto a un certo punto: ma di fronte alla vicenda di un uomo braccato dalla ndrangheta com’è possibile che nel paese teatro del romanzo non se ne avverta la presenza? Non ho saputo darmi subito una risposta, tanto più che l’autore è un figlio di quella terra, di cui si limita a ricordare per lo più stereotipi, ma poi è arrivata quasi all’improvviso: lo scopo è stato di confezionare un libro in cui offrire ai lettori tutto ciò che desiderano e cioè un’ambientazione quasi esotica, una storia d’amore, un po’ di suspense con un uomo che fugge dalla delinquenza organizzata e, immancabile, ciliegina sulla torta, un lieto fine. Il bacio del pane è un libro furbo, ma secondo i miei metri di giudizio non può dare di più che far trascorrere qualche ora spensierata.

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