Dettagli Recensione
Chi non ha gambe abbia testa
Marco Vichi interpone “La sfida” tra due protagonisti di un racconto lungo dall’esito incerto. I due che si sfidano sono Davide Yalta, un paralitico di origine ebree, che vive in un lussuoso appartamento perfin dotato di palestra, e Trotti, sceneggiatore-scrittore in crisi creativa. Oggetto de “La sfida” è la conquista della bella Elena.
I due si conoscono casualmente in un bar, ove Davide cattura l’attenzione per la sua incostanza. Pronuncia frasi che vorrebbero essere provocatorie e suscita una reazione ibrida d’interesse e antipatia (“Faceva di tutto per essere antipatico e se ne compiaceva”). Nonostante il difficile impatto iniziale, i due uomini finiscono per frequentarsi e Davide racconta all’altro l’origine della sua menomazione (“Eravamo in due a voler nascere, ma si vede che nella pancia di mia mamma non c’era posto a sufficienza. Le mie gambe dovevano lottare con la testa del mio gemello…”), la sua storia (“Mi parlò di suo padre, di suo padre, di suo padre. Nei suoi racconti mancava la mamma”) e svela di essere innamorato di una bella vicina, Elena, che desidera invitare a casa (“Ho colto tre cose. Fastidio, meraviglia, imbarazzo”). Quando Trotti s’imbatte nella vicina, dalla quale si sente attratto, non riesce a resistere alla tentazione anche un po’ insana (“Quel giorno imparai sulla mia pelle cos’era la vigliaccheria”) d’infliggere una sconfitta a Davide.
Chi risulterà vincitore della sfida?
La storia si mantiene sempre sul filo tra il cinismo nel rappresentare l’handicap (“Chi non ha gambe abbia testa”) e il desiderio di normalizzazione. I toni paradossali e iperbolici, a mio parere, non invogliano ad affrontare il tema in modo adeguato, perché in chi legge prevale lo stesso sentimento di rifiuto e d’imbarazzo che Davide suscita con le sue provocazioni.
Bruno Elpis
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Ma vedo che il tuo giudizio in toto è molto bassa...
Pia