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C’era una volta un re, seduto sul sofà.
Ne “La Sposa giovane” Alessandro Baricco costruisce una storia circolare governata dall’ansia dell’evento incombente.
La Sposa giovane, divenuta maggiorenne, dall’Argentina raggiunge la famiglia del promesso sposo (il Figlio) dopo tre anni di attesa.
Viene accolta dal maggiordomo che le illustra le liturgie di un nucleo ove i personaggi sono designati con ruoli parentali (il Padre, la Madre, la Figlia, lo Zio) in parte fittizi, così come nominale è il rapporto coniugale tra i genitori: una Madre dalla bellezza leggendaria, un Padre che frequenta settimanalmente il bordello ove le mestieranti hanno il compito di “condurre il Padre all’ampio delta di un orgasmo compatibile con l’inesattezza del suo cuore”. Fatto salvo un precedente originario: “Si sentirono abbastanza forti da sfidare insieme le due paure che si erano abituati ad associare al sesso. Lui di morire, lei di uccidere. Si chiusero in una stanza e non ne uscirono prima di essere sicuri che se c’era un incantesimo, su di loro, l’avevano spezzato. Per questo esiste la Figlia, che in quelle notti è stata concepita…”
I riti familiari sono condizionati dalla paura della notte (“Qui, anche i bambini che nascono di notte nascono morti”): per questo, ogni risveglio viene celebrato con sontuose colazioni, per festeggiare il pericolo scampato.
Il Figlio è assente, la sua sparizione viene camuffata con falsi invii di oggetti che preannunciano un ritorno continuamente rimandato.
Quando viene il tempo della villeggiatura, la Sposa giovane convince il Padre e ottiene di non partire (“Il dubbio che se solo avesse permesso a quella ragazza di aspettarlo veramente, il Figlio sarebbe tornato”).
Poi qualcuno torna, finalmente. Sarà il Figlio?
Nossignori.
Il finale assomiglia a quello della filastrocca circolare: c’era una volta un re, seduto sul sofà, che disse alla sua serva: raccontami la storia, la serva incominciò: c’era una volta un re…
Scimmiottando le personificazioni dei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello e lo schema del “Teorema” di Pasolini (anche lì l’ospite conosce sessualmente tutti i componenti della famiglia), “La Sposa giovane” è un componimento originale negli intenti narrativi, nell’impostazione erotica (“Aveva da dirmi che la trama di destini cui aveva lavorato da anni il telaio delle nostre famiglie era tessuta con un filo primitivo, animale. E che, per quanto ci affaticassimo a cercare spiegazioni più eleganti o artificiali, l’origine di tutti noi era scritta nei corpi, in caratteri incisi a fuoco…”) e nel rappresentare le principali angosce esistenziali del relativismo (“Vedere come gli oggetti non portano in sé nulla del senso che gli diamo”), della labilità (“Il nostro passo non lascia tracce. Forse siamo animali astuti, veloci, cattivi, ma incapaci di segnare la terra”) e del desiderio umano di superare questi limiti oggettivi (“Aveva imparato che il solo gesto esatto è la ripetizione…”).
Narrando la storia con un punto di vista mobile e ibrido, Barrico non rinuncia alle contaminazioni autoriali (“Paginette come queste parranno all’editor… del tutto inutili… Il fatto è che alcuni scrivono libri, altri li leggono: sa dio chi è nella posizione migliore per capirci qualcosa… si scrive così come si potrebbe fare l’amore con una donna, ma in una notte senza luce alcuna, nella tenebra più assoluta, e quindi senza vederla mai”) che accentuano il carattere sofisticato di metaracconto di quest’opera per molti versi sorprendente.
Bruno Elpis
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Federica