Dettagli Recensione
Marco lo sceneggiatore
Un inedito Sandro Veronesi propone un saggio sul Vangelo di Marco letto senza mai porsi il Problema: cioè senza mai pronunciarsi sul contenuto e sulla sua verità. Il Vangelo viene letto come la sceneggiatura di un film d'azione, film da cui vengono sottratti tutti i contenuti cioè le parole pronunciate da Gesù e riportate soprattutto dagli altri Evangelisti. Vengono osservati solo i fatti e la loro sequenza come in un film di Tarantino: gli spostamenti, i miracoli, fino al tradimento, all'arresto, alla morte, alla sepoltura e alla resurrezione con l'apparizione alle donne di Gesù. L'ossatura del Vangelo viene analizzata passaggio per passaggio e lo sceneggiatore viene identificato: è il ragazzino di 13 anni che fugge nudo dall'orto degli olivi durante l'arresto di Gesù (come non solo Sandro Veronesi, ma molte fonti affermano).
L'abilità del ragazzino come sceneggiatore nel coinvolgere e convertire il suo pubblico viene ampiamente dimostrata. La sceneggiatura è perfetta. Ma c'è un problema che non viene affrontato apertamente e resta sullo sfondo. Un film può essere convincente ma raccontare una storia assolutamente di fantasia. Può essere coinvolgente ma non per questo convincerci della realtà dei fatti. I contenuti (quelli che sono riportati più largamente da Giovanni) non sono mai discussi o affrontati nel saggio volutamente. Il Vangelo è guardato solo come macchina da conversione. In ogni caso, anche escludendo il messaggio contenuto, il Vangelo di Marco come sceneggiatura per un film d'azione porta allo stesso nodo: vero o falso. O Gesù ha addestrato i discepoli alla perfezione, premeditando ogni cosa, anche la sua morte,scegliendo le persone più adatte a scrivere o tramandare la sua storia così come lui voleva che fosse riportata (cosa estremamente difficile vista l'accertata ottusità dei discepoli), oppure bisogna credere a quanto raccontato.
A me sembra che Sandro sia partito sposando in cuor suo la prima ipotesi. Ma poi, strada facendo, credo che si sia reso conto che era altrettanto improbabile della seconda, che si sia appassionato al personaggio Gesù, fino a desiderare o a immaginare che la sua storia potesse essere vera e non solo bella. Certo, se non fosse vera, bisogna riconoscere che Gesù è stato il più grande editor di tutti i tempi nell'intravedere nel ragazzino 13enne che si portava dietro, lo scrittore della sceneggiatura che avrebbe appassionato le teste dure dei romani, abituati a ben altri spettacoli, fino a convertirne buona parte.
In ogni caso avvicinare un Vangelo fa sorgere una marea di interrogativi cui non è facile rispondere, pur prendendolo alla larga come Sandro cioè senza entrare nel cuore dei contenuti e analizzando solo alcuni aspetti.
Per come la vedo io, il "non dirlo" aveva un significato non strategico ma di dirigere il riflettore verso le parole, quelle che soprattutto l'amico del cuore, l'Evangelista Giovanni, ha riportato nel suo Vangelo. Leggendolo si capisce perchè il miracolo era invece meglio "non dirlo".