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Per vedere cosa porta il mare
Fabio Genovesi ambienta “Chi manda le onde” nella Forte dei Marmi trasformata dalla crisi economica di un’Italia sconclusionata e spaventata dalla colonizzazione di personaggi avventizi, preferibilmente russi.
Serena ha generato due figli nel modo più improbabile, con un uomo (“Si chiama Stefano, ma tutti lo chiamano Ghigliottina per un tatuaggio che ha sul petto…”) che sembra predirle il futuro: “Chiamalo Luca”, “Chiamala Luna”. Due ragazzi così diversi: Luca è un surfista affascinante e sensibile, Luna è una bambina albina (“Io al sole non ci dovrei proprio stare, sennò mi brucio…”) dalla fantasia fervida, frequenta Zot, bimbo di Chernobyl che vive con uno stravagante vecchio in un sinistro casolare (“Zot abita proprio qua, nella Casa dei Fantasmi!”). Con lui si diverte a camminare sulla battigia (“Saranno dieci minuti che camminiamo sul bagnasciuga per vedere se le onde hanno portato qualcosa d’interessante…”), a raccattare gli oggetti che il mare restituisce e che sono fonte di fantasie ingenue e colorate (“Mi manda delle cose sulla riva del mare e io capisco cosa mi vuol dire”).
La storia della famiglia di Serena s’intreccia con le sorti di Sandro, Rambo e Marino: tre bamboccioni quarantenni, ancora alla ricerca di un’identità professionale, sessuale ed esistenziale.
Per assicurarsi l’incontro con Serena, la donna della quale Sandro è da sempre innamorato e che è stata colpita da una tragedia immane (“Tu vuoi capire come mai, quel giorno là, quel giorno maledetto…”), l’insegnante precario non esiterà a costruire espedienti approfittando dell’occupazione preferita dai bambini (“Sono delle sculture bellissime, fatte… tremila anni fa e anche più. Sono a Pontremoli…”).
Ne seguiranno una girandola di equivoci (“A parte la mamma di Marino secca e dura nel freezer”), situazioni paradossali (“Io nel freezer con la mamma di Marino non ce le metto”), occorrenze amare (“E in fondo che differenza c’è, fra stare sottoterra o nel freezer?”) e assurde (“Quel freezer là è sacro, lo dobbiamo pensare come una tomba…”), che conducono il lettore attraverso il crocevia di una narrazione triplice: quella condotta in prima persona dalla piccola Luna, quella rivolta in seconda persona a Serena, quella oggettiva del narratore onnisciente…
Se la tecnica è variata e movimentata, il linguaggio utilizzato mutua le sue espressioni direttamente dalla lingua parlata (“Le pianure e le gobbe e le pieghe sempre diverse e sbilenche di questa nazione incasinata”), attraverso una trama ora rocambolesca, ora realistica (“Questa crisi ci ha cambiato la vita, figurati se non ci cambia la morte”), in declinazione tragicomica (“La presenza di Dio che sta dentro ai polpi, ai castori, ai miracoli disseminati nella Natura”).
Bruno Elpis
P.S.: L'occasione è buona per pubblicare questo commento sul mio blog (come sempre avviene con i commenti di qlibri) con foto (di altri) che colleziono sulla chiavetta USB. Questo è il link pieno di onde: http://www.brunoelpis.it/recensioni/1210-chi-manda-le-onde-di-fabio-genovesi-qlibri
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Commenti
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Ciao!
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ti è piaciuto?????Mamma mia quanto sono diversi i nostri gusti!! Il mare pure lo preferisco in calma piatta...