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La verità sta nel mezzo
Le cuffiette che sparano musica rap a tutto volume, le dita di una mano che reggono un lacero testo scolastico, quelle dell'altra impegnate a digitare mono o bisillabi di un improbabile italiano su uno smartphone, la TV a tutto volume sintonizzata su dozzinali programmi americani, il divano disseminato di cenere di sigarette e di wurstel crudi. È questa l'immagine che Michele Serra trasmette dei giovani contemporanei. Una generazione di "sdraiati" abulici e indolenti, persi dietro avanguardie tecnologiche e mode astruse, insensibili ai richiami, ai consigli, perfino ai più semplici e cordiali discorsi rivolti loro dagli adulti. Giovani che sembrano aver perso ogni contatto con la realtà, che passano più tempo in chat o sul web che nel mondo reale, che dormono fino all’ora di pranzo e non hanno la minima idea di cosa significhi vendemmiare il Nebbiolo sulle langhe, godersi lo spettacolo terribile di un temporale da una terrazza in riva al mare, gustarsi il piacere di una passeggiata in montagna tra silenzio e natura. Alla critica dell'autore nei confronti dei giovani si unisce comunque una forte autocritica verso se stesso e gli altri genitori che, come lui, si lamentano del comportamento dei propri figli ma poi permettono loro di fare ciò che vogliono, acconsentendo ad ogni loro capriccio (apparecchi tecnologici ultramoderni, costosi capi d’abbigliamento di discutibile gusto), permettendogli di uscire, mangiare e studiare disordinatamente, difendendoli sfacciatamente con discutibili giustificazioni davanti ai loro avvilenti risultati scolastici. A volte simpaticamente ironico, altre insopportabilmente saccente, Serra alterna spunti brillanti e originali a petulanti e scontati luoghi comuni, ora coinvolgendo il lettore e strappandogli un sorriso, ora annoiandolo e infastidendolo. Tra uno sbuffo e una risata, l’autore ci catapulta un po’ tra le pagine de La Grande Guerra Finale, fantomatico libro di dimensioni tolstojane che narra di una guerra spietata tra vecchi e giovani, un po’ nella sua personale battaglia con il figlio adolescente per convincerlo ad affrontare insieme un’amena passeggiata sul Colle della Nasca. Nell’atavica lotta generazionale tra genitori e figli, come sempre, non esiste un reale vincitore, né si può stabilire chi abbia torto e chi ragione perché, come spesso accade, la verità sta nel mezzo. “Siete arrivati in un mondo che ha già esaurito ogni esperienza, digerito ogni cibo, cantato ogni canzone, letto e scritto ogni libro, combattuto ogni guerra, compiuto ogni viaggio, arredato ogni casa, inventato e poi smontato ogni idea...e pretendere, in questo mondo usato, di sentirvi esclamare “che bello!”, di vedervi proseguire entusiasti lungo strade già consumate da milioni di passi, questo no, non ce lo volete – potete, dovete – concedere. Il poco che riuscite a rubare a un mondo già saccheggiato, ve lo tenete stretto. Non ce lo dite, “questo mi piace”, per paura che sia già piaciuto anche a noi. Che vi venga rubato anche quello.”
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Commenti
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Premetto che non ho letto il libro e, viste le valutazioni, non ho intenzione di leggerlo. Conoscendo, però, vari ex-sessantottini (penso si possa includere anche l'autore) temo si tratti un po' dello stereotipo dei gionani annoiati/alienati per troppo benessere e per quel lassismo che una generazione di genitori e insegnanti ha dispensato, frutto delle loro utopie/ideologie. Con qualche consapevolezza, ma in fondo incapaci di una critica radicale e di elaborare qualcosa di diverso. E' la tiritera ormai da decenni.
Federica
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fornisci un quadro molto preciso di che cosa aspettarsi dal romanzo