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Più che un sasso, un macigno
Ho l’impressione che Mauro Corona stia invecchiando troppo rapidamente, perché altrimenti non si spiegherebbero in altro modo libri come La voce degli uomini freddi e questo Come sasso nella corrente, opere che, per quanto diverse, segnano a mio avviso un calo della creatività e, soprattutto, un accentuarsi di qualche difetto che prima invece era quasi sporadico. Inoltre, c’è una tendenza più marcata a cercare di assomigliare a Mario Rigoni Stern. Ma le differenze qualitative fra l’autore ertano e quello di Asiago anziché smussarsi, vanno accentuandosi. La cosa non mi stupisce, perché pur rientrando Mauro Corona fra i miei autori preferiti, non ha purtroppo la genialità di Stern ed è così solamente - ma non è poco anche ciò . un narratore di ottimo livello. Già avevo stigmatizzato La voce degli uomini freddi, incredibilmente candidato al Premio Campiello, e ora non posso fare a meno di essere scontento di Come un sasso nella corrente, una sorta di lascito dell’autore, che è una via di mezzo fra la necessità di volgersi all’indietro e fare un bilancio della propria esistenza e un memoriale, con cui ripercorrere il passato dandogli ordine. L’inizio, a essere sincero, mi ha folgorato, con un ritmo giustamente lento e un quadro, in cui sono più gli scuri che i chiari, e che può far ricordare certe opere dei pittori fiamminghi del rinascimento. Tuttavia, pagina dopo pagina, pur in presenza di accenni poetici, la scrittura è diventata sempre più verbosa, con la presenza di similitudini non sempre felici, tanto che in me è subentrato un senso di noia. L’assenza di dialoghi, poi, non fa che peggiorare la situazione, così che diventa sempre più difficile andare avanti, anche perché ho ricavato l’impressione che Corona gridi questa sua verità a un muro e non al lettore stesso. Fino a che punto sia stato sincero non lo so, ma mi resta più di un dubbio e questo non giova a un’opera in cui l’autore dovrebbe aprirsi, anche sfacciatamente, al mondo.
Credo di non essere la sola voce fuori dal coro, anche se non pochi hanno visto questo libro come qualche cosa di grandioso, quasi un unicum, tanto da considerarlo irripetibile. Resta comunque il fatto, e credo che questo giudizio sia difficilmente contestabile, che in Corona si assiste da un po’ di tempo a un’accentuata involuzione, come se oltre a non aver più nulla da dire, continuasse a scrivere più per se stesso che anche per i lettori. Si spiegherebbe così come mai un narratore che fra le sue caratteristiche aveva anche quella di una straordinaria leggerezza di esposizione sia diventato greve come un macigno, al punto tale che non mi sento di consigliare la lettura del libro, soprattutto a chi vuole accostarsi a questo autore, perché altrimenti l’impatto potrebbe essere tale da non far desiderare di leggere altre sue opere, quelle di un non lontano passato, molto delle quali sono invece più che meritevoli di considerazione.
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I fantasmi di pietra;
Il vanto delle manére;
Storia di Neve.
IMi sono sempre piaciuti i suoi libri, ma da un po' di tempo, più che scrivere, sgorbia.
Tutto ciò è poco confacente alla pressione delle case editrici, all'apparire mediaticamente, al desiderio di 'vendere' .
Manzoni si è preso un ventennio per giungere alla stesura definitiva del suo romanzo. Ho letto che Donna Tartt, autrice del capolavoro (almeno, così valutato dai critici) "Il cardellino", pubblica un libro ogni dieci anni. Che meraviglia!
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io non riesco ad instaurare un feeling con quest' autore, ma può darsi che non abbia letto i titoli giusti