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Acqua di neve e latte di malga
Scritto nato in tempo di prigionia quando Mario Rigoni Stern, internato in un lager nazista in Austria, fissa i suoi “ricordi della ritirata di Russia”: anno 1944.
Un rotolo di fogli ritrovato nello zaino è sufficiente per scrivere e per ricordare. Gli eventi , quelli del ’43, vengono ricostruiti con precisione e con una ricchezza di dettagli tali da impressionare per la loro esattezza.
Le rive del Don vedono combattere due eserciti, sono separati dal fiume ghiacciato, la guerra è di posizione e la narrazione si focalizza sulla quotidianità del combattere. La prosa è limpida, la sintassi essenziale, il linguaggio rasenta la poesia. Le similitudini viaggiano all’ombra dei ricordi: il nero della notte è “come il fondo esterno del paiolo della polenta”, la felicità è paragonata alla gioia che rimandano i saltelli di un capretto quando è primavera, un attacco armato e la successiva calma richiamano il frastuono di una sagra e l’acquietarsi degli animi quando la festa è finita.
La rappresentazione della quotidianità fatta di piccoli gesti è nel caffè, nella polenta, nel misto di bresciani e piemontesi, nei canti dialettali, nelle sigarette Macedonia, le Popolari te le sogni.
È uno spirito positivo quello che ricorda : “c’era la guerra, proprio la guerra più vera dove sono io, ma io non la vivevo la guerra, vivevo intensamente cose che sognavo, che ricordavo e che erano più vere della guerra.”
Iniziano poi manovre silenziose, gli attacchi si fanno più frequenti , giunge l’ordine di ripiegare.
Con la seconda parte del racconto inizia la ritirata, quella vera: neve , freddo, una tormenta, un capitano inflessibile. Il ritmo della narrazione diventa serrato e inizia il pellegrinaggio di isba in isba , di villaggio in villaggio. La raccomandazione è una :stare uniti, ma già qualcuno cede e si abbandona là,sulla neve.
La natura benevola nel tempo e nei luoghi del ricordo nostalgico è ora selvaggia e fredda, costringe al silenzio. Basta il caldo di un rifugio, la compassione umana di una donna russa, un bicchiere di latte a risvegliare il ricordo di malga.
La ritirata può riprendere...lascio a voi la lettura.
Non c’è retorica, non c’è condanna della follia dei vertici militari: i fatti parlano da soli, il sergente maggiore del battaglione Vestone, con la sua carica umana, attraversa tutti gli stadi dell’animo che una simile esperienza scatena e ce li restituisce onestamente, semplicemente come l’armonia del suo cuore che spera e vagheggia un possibile mondo di pace.
Indicazioni utili
Remarque
Commenti
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questa umanità è proprio ciò che mi spinge ad una conoscenza più approfondita dell'autore. Devo dire che la sua prosa è veramente ristoratrice dell'animo.
Ciao
Conto però di scoprirlo, a piccolo passi, tutto l'autore, nella sua produzione: mi è proprio piaciuto lo spirito.
L'atmosfera che vi si ritrova mi ha ricordato un film molto particolare sull'insensatezza della guerra: "Orizzonti di gloria". La storia è nettamente diversa, ma anche lì Kubrick ha fatto sì che i fatti parlassero da soli.
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