Dettagli Recensione
Il coraggio di essere felici.
Cesare Annunziata, padre settantasettenne da cinque anni vedovo, ha deciso di ricominciare dal principio: per la sua intera esistenza si è preoccupato di tutto e di tutti condannandosi a quell’infelicità celata dall’egoismo, dalle scappatelle, dai sotterfugi, dal velare le proprie emozioni e dal timore di prendere anche la più semplice delle decisioni, ma nella consapevolezza del poco tempo a disposizione ancora concessogli ha deciso di cambiare rotta e di vivere smettendola di angustiarsi per i problemi che giorno dopo giorno si presentano alla sua porta. O almeno è ciò che vuol credere perché alla fin fine quello che cerca di fare l’eclettico protagonista nato dalla penna di Lorenzo Marone altro non è che imparare a vivere con la solitudine, con la vecchiaia e con la certezza del tempo che ormai è divenuto passato senza lasciarsi andare al rimorso per le “non scelte” compiute.
Ironico, schietto, cinico, burbero ma dal cuore buono, il napoletano è un uomo al quale ci si affeziona e dal quale si fa fatica a distaccarsi dopo la lettura. La sua simpatia è travolgente, il suo carisma si fa spazio senza difficoltà pagina dopo pagina inducendo chi legge a riflettere sulla propria vita tramite lo specchio di quella del vecchietto.
Lo stile è accattivante, fluente ed esaustivo, lo scrittore passa dalla bischerata ad i grandi perché dell’esitenza con una facilità sorprendente. Il grande merito di Marone non è solo quello di aver creato un personaggio così concreto da sembrare vero (la sensazione dinanzi a Cesare è infatti quella di trovarsi accanto un individuo in carne ed ossa quale il tuo vicino di casa, il tuo confidente, tuo nonno), ma è anche quello di avergli donato quell’umanità necessaria a far si che chiunque possa immedesimarsi in lui. L'anziano si avvale del diritto di contraddirsi, è un trasformista ed anche quando indossa i "suoi panni" vuol far credere di essere una persona diversa da quella che in realtà è perché è più facile vestire la maschera del burbero, del pagliaccio, eppure il suo cuore d'oro, il suo voler aiutare gli altri tramite la dimostrazione dei suoi errori sono un qualcosa che non può soffocare e che sempre ed inesorabilmente prevalgono sulla ragione, sulla paura: la sua è l'espressione pura e semplice della volontà di non rinunciare alla propria felicità, di rincorrerla sempre, con tenacia, con ostinazione, con coraggio, anche quando questa sembra irraggiungibile. E' un romanzo intriso di insegnamenti, uno tra i tanti è quello di non farsi del male da soli, di non inseguire prepotentemente una strada anche quando si è consapevoli del fatto che questa ci condannerà all'infelicità, al dolore e tutto per la mancanza di coraggio. Ma è anche una presa di coscienza perché tutti sbagliamo, il difficile è prendere una decisione drastica quando si comprende di aver errato. Non si ama Cesare probabilmente perché non si sa perdonare, o perché è tardi per tornare indietro e cambiare quel che è stato, o ancora perché non è più il tempo di redimersi dai propri misfatti nonostante il bilancio di una vita sia li pronto a servirgli un salato conto, eppure nella sua fragilità e nella sua umanità ama e aiuta il prossimo.
Vi lascio con un breve incipit:
“Mi ritrovai a compatirlo, anche se il tempo ha plasmato la pena in ammirazione. Credevo non ce l'avrebbe fatta a superare il momento, invece i mesi passavano e lui si faceva trovare ancora in piedi. La vita non è stata gentile con lui, eppure Marino ha continuato a non toglierle il saluto. Ho allora capito che non esistono persone più coraggiose di altre, c'è solo chi affronta il dolore quando deve essere affrontato".