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Un po’ regine, anzi sultane
“Le sultane” di Marilù Oliva sono tre signore che, alle soglie della quarta età, affrontano l’ossimoro peggiore dell’esistenza: sentirsi ancora tanto vivi, ma essere percepiti dal prossimo nella feroce decadenza (“Non ho nemmeno fatto in tempo a indossare la dentiera e mi vergogno a esibire la mia parlata spoglia”) che il ciclo biologico riserva all’essere umano.
Il nomignolo di “sultane” (“In effetti un po’ regine siamo: regine dei poveri”) è stato appioppato a Wilma, Mafalda e Nunzia (tre grazie, tre parche, tre dolci vecchiette, tre streghe) da Melania, la figlia border-line di Wilma. Quest’ultima ha il ruolo di co-narratrice in capitoli che alternano la prima persona di Wilma alla terza persona della scrittrice.
Wilma ha una vita familiare infelice e, quando è sola, spesso si rifugia in una tenera interpretazione narcisistica: indossa una provocante guepière, costringe i propri piedi in scarpette à la page, da Cenerentola, e danza dinnanzi allo specchio sulle note della canzone più erotica della Tigre di Cremona.
Mafalda è spilorcia, per il denaro ucciderebbe… ma mi taccio, perché nel romanzo, il morto ci scappa, eccome se ci scappa.
Nunzia è bulimica, elefantiaca, bacchettona, vive con il fratello alcolizzato Casimiro e con la figlia che le nasconde i suoi intrallazzi sentimentali.
Le tre donne si frequentano, condividono il loro tempo (“È strano come noi Sultane giochiamo tre volte col tempo: ieri, oggi, domani”), si svagano con la scala quaranta, due di loro (“Ci guardiamo negli occhi come due gangstar che abbiano siglato l’ennesimo delitto”) si lasciano risucchiare nel vortice del delitto sul quale ho deciso di tacere, la terza (Nunzia) - cedendo ai tardivi richiami della carne (a proposito, la carne è protagonista indiscussa delle gesta comico-grottesche delle sultane) – si renderà complice delle scelleratezze già compiute dalle amiche…
Marilù Oliva approfitta della farsa noir (“Intanto avviamo un girotondo attorno al tavolo, io scappo, lui appresso”) per affrontare i temi che le stanno a cuore: la sorte degli anziani rifiutati, spesso schiacciati da responsabilità socio-familiari (“Se mi facesse salire in casa sarei un intralcio, una spettatrice inutile al rito della fasciatura; come suo marito viene imbottito di calmanti, sbendato e rigirato e di nuovo impacchettato perché se ne stia bello fermo sino al suo ritorno”) o soli nell’affrontare problemi più grandi di loro, molte volte annientati da fatiche fisiche che il loro corpo non vorrebbe più sostenere, sempre attratti – anche alle soglie della morte - dal barlume della speranza di una vita migliore (“Da quando è peccato sognare?”).
Bruno Elpis
Nella sezione “interviste” di www.brunoelpis.it potete leggere le risposte che Marilù Oliva ha fornito alle mie domande.
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Commenti
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Aggiornamento: letta l'intervista, veramente gradevole e interessante.
Bella recensione...incuriosisci molto!
Ciao Brunoooo
@ Laura: ma grazie! :-)
@ Pia: regina o sultana? ;-)
@ Mia: anche a me piace molto leggere opinioni diverse, soprattutto se motivate. Talvolta il parere diverso aumenta la mia considerazione su chi lo esprime. Ciao, grazie :-)
ho letto l'intervista a Marilù, molto interessante come sempre l confronto diretto con l'autore
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