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Arriva come una carezza, scuote come un tornado
L'immaginario borgo di Alento è destinato allo sfacelo e all'abbandono. In nefasto sposalizio con il potere erosivo dell'acqua la terra frana, divorata giorno dopo giorno insieme alla memoria di chi in quel paese -posizionato dalla fantasia dell'autrice da qualche parte nel sud Italia- ha abitato, vissuto, amato, odiato, sognato, per poi congedarsi dalla vita senza clamore.
Estella è la voce narrante, ex monaca fuggita prima da genitori castranti e poi da un dio incomprensibile, finita a lavorare presso una delle poche famiglie benestanti del paese.
Qui conosce l'intelligente e cinico Marcello: spalla ora amorevole, ora rissosa, incarnazione di un rammarico intuibile ma mai chiaramente esplicitato.
Marcello è un turbinare di emozioni suggerite e non consumate, mortificate dalla sotterranea misantropia di lui e soprattutto dalla missione di cui Estella si è fatta carico. Ovvero quella di ricordare chi non c'è più, di tenere a mente il significato dell'ennesima crepa su un muro, della buca più grande nello sconnesso acciottolato del paese, di quel particolare sbecco nei gradini di una scala di pietra. Tutto sotto la pacata ed eterna egida dell'olmo della piazza principale, maestoso nel suo essere tutt'uno con quella terra capricciosa amata attraverso radici vigorose, in chiara antitesi con le persone che hanno vissuto intorno a lui, incapaci di ancorarsi saldamente a quel suolo sempre più traditore.
Alento vive ancora, ovviamente attraverso Estella, sorta di linea Maginot umana in strenua difesa contro la dimenticanza, ultimo generoso e amorevole baluardo prima dell'oblio.
La protagonista sacrifica la sua vita, si sottrae ad essa pur di poter continuare a donare splendore a ciò che è stato, a far rivivere i momenti salienti in cui il pur tormentato borgo pullulava di vita. I fantasmi del passato tornano regolarmente a farle visita nonostante siano amareggiati, delusi, sconfitti da esistenze affrontate storte e ora non più raddrizzabili.
Carmen Pellegrino eccelle in eleganza linguistica, gioca sensualmente con le parole narrando di una donna che (per timore di vivere? per pura generosità? o perchè semplicemente ha così voluto il destino) si immola nelle vesti di memoria storica, incurante che l'eredità raccolta possa essere fagocitata dal fango dopo la sua morte.
Una donna impavida con i calcinacci minacciosi come cappello, i muri pericolanti a cingerle il corpo in un abito di insostenibile pesantezza e scarpe scivolose, fatte di terra disfata dalla pioggia.
L'umanità estrapolata è pulsante nonostante le vite presentate siano spesso semplici come il luogo e il tempo che abitano. La malinconia, la nostalgia, l'amore, si ergono negli aneddoti su cui "Cade la terra" non lesina: c'è l'idealista deciso a mettere a tacere per sempre la favella, il progressista accogliente con l'avanzare della tecnologia e non con i suoi affetti, la donna disillusa e vessata dal marito, il piccolo sogno del banditore orbo, il commerciante orgoglioso dei propri figli mandati agli studi e poi al fronte, fino a ritrovare la vecchina generosa che nelle lettere del figlio cerca la forza di tirare a campare, perchè nel ricordo c'è tutto, senza di esso non c'è vita.
Carmen Pellegrino è una voce incredibilmente soave ed avvolgente. E' scrittrice ed abbandonologa, ovvero persona alla ricerca dell'ultimo barlume di vita sotto forma di reminiscenza in ciò che è ormai morto, tralasciato. Per questo motivo ama aggirarsi per luoghi fatiscenti; siano essi case, stazioni, teatri e luna park ormai in balia del logorio prodotto dal tirannico scorrere del tempo. E lì tra quelle macerie, la ruggine, i ferri divelti, i cocci e la polvere individua il lascito di coloro che furono.
Arriva come una carezza e scuote dentro come un tornado, "Cade la terra" è un signor libro, un debutto folgorante in cui la lingua italiana si sposa mirabilmente alla tradizione agreste e alla forza dei sentimenti.
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Commenti
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commento brillante come sempre :-)
Non mi meraviglierebbe sapere che il paesino di Alento esiste davvero e, nella realtà, si chiama Roscigno Vecchia (nel basso salernitano, non troppo distante da una zona che, guarda caso, si chiama davvero Alento, ed è ricordata per la diga che vi è stata costruita). Potrebbero essere tutte coincidenze, in ogni caso, giacchè borghi come quelli descritti nel libro sono in molti posti d'Italia.
Cosa ? Il libro o il commento ?
Vedete voi, il libro non l'ho letto.
:-)
Ti farò sapere di certo
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