Dettagli Recensione
Il popolo della Luna.
Signori e signore buongiorno o buonasera e benvenuti in quel di Forte Dei Marmi. Dinanzi ai vostri occhi un sipario sta per essere aperto ed i suoi corollari sono quanto di più reale e concreto possa esistere. Non stupitevi pertanto delle situazioni che animano questo romanzo, non sorprendetevi dinanzi al fatto che le parole dell’autore ricordano molto un sit in di cabarettisti in erba pronti a trascinarvi con e nella loro follia, non meravigliatevi degli alternativi protagonisti che ne colorano le pagine riuscendo a creare nel lettore l’effetto del perfetto “teatrino” perché nell’intento di Genovesi non vi era null’altro se non quello di raccontarci con semplice ironia la quotidianità tanto di una cittadina di mare nota per essere considerata la località toscana “dei quattrinai” ma anche di vite che non sono poi tanto distanti da quelle di ognuno di noi.
Con semplicità la narrazione si alterna rendendoci partecipi di fatti diversi, quando con l’ingenuità di una bambina albina accompagnata dal fedele innamorato compagno di classe russo radioattivo, quando con le parole del demoralizzato quarantenne Sandro convinto fallito, quando con quelle di Serena giovane madre che non si ritiene nata per amare.
E pian piano le vicende si snodano, le trame si infittiscono ed ogni vicenda prende forma, acquista la sua peculiarità, facendo al tempo stesso ridere, piangere e restare basito il lettore. Se infatti da un lato è ineludibile non domandarsi dove il romanziere voglia andare a parare – sensazione che è impossibile scrollarsi per tutto il componimento – dall’altro è inevitabile riflettere sulle circostanze. Come non immedesimarsi in questa madre che ha tirato su da sola due figli (Luca diciassettenne spirito libero affascinante e carismatico e Luna bambina albina dall’indole idealista e dall’animo puro e sincero), che ha rinunciato ai suoi sogni, agli studi universitari, ai rapporti con i propri genitori pur di portare avanti quelle gravidanze che gli hanno donato il regalo più bello: due creature offerenti amore incondizionato.
Come non soffermarsi su Sandro, Rambo e Marino. Queste tre personalità sono l’espressione del fallimento dell’uomo adulto. Quarantenni incalliti non hanno un lavoro fisso, non hanno una relazione duratura, non hanno indipendenza di alcun genere. Sandro è un supplente, viene chiamato a sostituire i docenti in malattia e si considera l’ultima ruota del carro. Marino è un vigilante del traffico “a chiamata” quarantenne alla anagrafe ma tredicenne di fatto e Rambo saltella da un impiego all’altro senza fermezza, senza certezza alcuna. Eppure tra i tre Sandro ha una sorta di “risveglio” nel testo. Si sente insoddisfatto, si rende conto che non ha combinato nulla nella sua vita e vuol cambiare la sua condizione, ma in tanti anni non è riuscito neanche a rispondere a quella famigerata cartolina. Nove ne sono trascorsi eppure nemmeno quello è riuscito a fare. Eppure qualcosa è mutato, questa volta ha un obiettivo per il quale vale veramente la pena combattere: Serena. Da sempre la osserva, da sempre ne è attratto, da sempre è totalmente incapace di provare anche solo lontanissimamente a conquistarla. Si ritrova ad essere docente di Luca e quando un imprevisto sconvolge le loro vite come un’onda del mare che spazza via la sabbia dalla riva, trova la forza di agire. Per conquistare la donna amata certo, ma forse anche per fare qualcosa di buono per sé stesso.
E poi ci sono Luna e Zot. La prima, nonostante sia l’emblema della giovinezza e della purezza d’animo si rivela essere molto più matura della sua età, romperà i sigilli che legano la madre al dolore costringendola a tornare a vivere. Anche se forse una vita non c’è perché quando cadi nella sofferenza questa finisce per diventare la tua amica più fidata, la tua alleata numero uno, la compagna di avventura di cui faresti a meno ma che non è disposta ad abbandonarti nemmeno per un secondo. Zot, il sopravvissuto di Chernobyl, coetaneo dell’albina veste i panni del cinquantenne ed è munito del linguaggio forbito dell’uomo adulto, sorprende con la sua parlantina e personalmente è il personaggio che più ho amato. Quando Serena per la prima volta gli dà un bacio sulla guancia è impacciato e preso alla sprovvista: quel gesto spontaneo è per lui l’atto materno più vicino che abbia mai ricevuto. E’ solo e vessato dai compagni, eppure va avanti, giorno dopo giorno con le sole sue forze. Il suo amato “nonnino” è viceversa l’emblema del toscano “vecchio stampo” ma perché no, alla fin fine, anche del “nuovo”. Per taluni il suo parlare può risultare pesante poiché caratterizzato dal gergo comune del conversare, non ha peli sulla lingua e nulla risparmia tanto meno ai russi.
Come potete ben capire non è un libro che mira a narrare storie fantascientifiche o particolarmente arzigogolate, non è altro che quotidianità portata su carta, ma nella sua semplicità tutti possiamo un po’ rispecchiarci e riflettere su noi stessi, sulle possibilità che abbiamo, su ciò che vogliamo veramente. Nel complesso è una lettura a tratti lenta ma piacevole, capace di far sorridere fra un avvenimento tragicomico e l’altro.
Vi lascio con un breve incipit:
«Però non è giusto per nulla» dico. Non è che lo penso solamente, lo dico proprio. Perché insomma, cavolo, non è giusto per nulla.
«Ma cosa Luna?»
«Lo spazzacamino. Ma perché lo trattano così?»
«Perché è nero» dice Ferro «A forza di lavorare nei camini è tutto nero e allora la gente gli sta lontana».
« Vabbè, ho capito, ma a me mi stanno lontani perché sono tutta bianca. Come deve essere uno per piacere alla gente?»
Lo dico, e per un attimo non risponde nessuno, anche perché secondo me una risposta non c’è mica. Poi però il signor Sandro fa: « Sai Luna, mi sa che a questo mondo, se vuoi piacere alla gente, devi essere grigio come loro. Noi non siamo grigi, e ce la fanno pagare ogni giorno ».