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Il precariato in un mondo che si contrae
“Se la vita che salvi è la tua” di Fabio Geda analizza – attraverso la storia di Andrea Luna – il disagio di un giovane precario insegnante d’arte, che si ritrova a fare i conti con l’insoddisfazione derivante dall’essere sempre stato come gli altri l’hanno voluto, piuttosto che se stesso (“Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci restituisca ciò che abbiamo perso”).
Il dramma di Andrea esplode con un fatto doloroso: la moglie abortisce nelle prime settimane di una gravidanza desiderata (“Avrebbe voluto stringere le ginocchia al petto, ricomporre la sensazione del feto che le era stato sottratto…”). È questa la parte più interessante del romanzo, che rivela le doti speculative dello scrittore nell’interpretare la genesi di una depressione montante e progressiva (“Andrea spese il giorno successivo eliminando la gravidanza dall’appartamento”).
La moglie Agnese si rifugia nel proprio successo professionale, Andrea patisce la difficoltà di realizzarsi sia nella vita privata, sia nel lavoro. Decide allora di partire per New York: dovrebbe essere un viaggio di una settimana, ma il viaggio di ritorno viene continuamente rimandato.
E durante il suo soggiorno americano cosa fa Andrea? Niente, assolutamente niente, se non passare le giornate al Metropolitan Museum, dinnanzi al quadro del figliol prodigo di Rembrandt.
Andrea ha ormai imboccato una via senza ritorno: getta via il cellulare (“Il canto aspro di Billie Holiday diffuse Summertime dalla sua tasca”), dorme sulle panchine del parco, conduce una vita randagia, si ammala, rischia di morire in un capannone abbandonato. Viene salvato dalla famiglia Patterson: Ary, Benjamin e Allison. Con loro ritrova una nuova dimensione e finalmente matura la decisione di tornare in Italia dalla moglie: “Un uomo che non riesce a tornare a casa e chiede a Walter di immaginare l’impossibilità di quell’uomo di riprendere la propria vita, di immaginare la vita di strada in cui sprofonda, l’incontro con una famiglia che lo soccorre e la sensazione che ora quell’uomo ha di ingannarla, quella famiglia, nonostante abbia trovato un lavoro, perché quell’uomo è qui illegalmente e non potrà certo restarci per sempre”. Per scoprire – in Italia - che il suo futuro, forse, è con i Patterson. Ma negli States, Andrea può tornare soltanto da clandestino, varcando la frontiera messicana con una banda di disperati…
Ho trovato un po’ forzata la seconda parte del romanzo, mentre nella prima si possono leggere interessanti riflessioni, che tuttavia agiscono nel senso di mettere a dura prova chi è particolarmente sensibile alle inquietudini esistenziali (“Dov’è la scaturigine dell’esistenza?”) e alle incertezze che minacciano il futuro della generazione costretta al precariato stabile (“Non vede riflesso solo se stesso, in lui, ma tutti quei figli illusi da genitori che per anni hanno detto che seguire il loro esempio era la cosa migliore perché l’universo era in espansione”)…
Bruno Elpis
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