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Un salto indietro nel tempo
Devo esser grato a Benni per questo suo romanzo, perchè ogni volta che sfogliavo le sue pagine era come se il mondo intorno a me si dissolvesse, tutti i pensieri, i problemi, gli impegni, le persone.. tutto cancellato, per lasciar posto a Saltatempo, al suo mondo, alla sua vita.
Lo stile con cui Benni descrive le vicende vissute dal protagonista, partendo dalla sua infanzia in un paesino immerso nei boschi sino alla prima gioventù maturata in città mentre ovunque si manifestano i primi segni della 'rivoluzione' del 68, lo stile è tale da far scaturire un sorriso, se non addirittura una risata, ad ogni pagina.. e non perchè Benni sia un comico, ma solo perchè riesce a presentarci i personaggi o le situazioni, anche quelle più tragiche, con sottile ironia evidenziandone le contraddizioni, esasperandole all'inverosimile e trasformandole quindi in una serie di racconti intrisi di un umorismo mai banale, intelligente ed efficace.
E a quelli come me, troppo giovani per aver vissuto il 68, allora avevo (-)4 anni, ma non abbastanza giovani da dimenticarne le ripercussioni più immediate, sia politiche sia di costume, questo libro di Benni non può lasciare indifferenti... perchè inevitabilmente fa riaffiorare quelle irripetibili sensazioni vissute durante la nostra adolescenza, momenti di sano divertimento, di ingenue paure, di sogni allora 'proibiti' che oggi invece farebbero sorridere persino un bimbo di 8 anni.
Ma quella era la nostra vita.
Quelle erano le nostre gite scolastiche:
"Ma come dimenticare quel ritorno in corriera, alla luce della luna... Sogno di giovani vite nelle sicure mani di Fangio, che timonava pacato, con la Zaini che lo guardava adorante. In un angolo alcuni spaiati dormivano, altri cantavano a voce bassa. Ma sugli altri sedili, l'eros corrieristico celebrava il suo trionfo. Realtà e finzione si mescolarono di poi nel racconto di quei 60 chilometri. Si dice che Gancio smutandò la gemella rossa e accadde di tutto. Che l'altra gemella resistette agli attacchi di Osso, ma alla fine gli permise di tenerle una mano sulla coscia e Osso si allagò. Persino la Rospa, complice l'ultimo cremifrutto, riuscì ad esplorare i pantaloni di Baco. Altre coppiette si sbaciucchiavano. Ma io e la Venerelli eravamo perduti in un mare di risucchi e saliva, baci interminabili, lingue che saettavano, per me fu un corso accelerato da cui trassi esperienza e benefici tutta la vita. E premendo contro le sue epiche tette, e rimbalzando indietro, e di nuovo allacciandomi respinto ma non troppo, provai piaceri e stupori che ancora mi commuovono. Poi, alle prime luci della città, dopo un ultimo duello di papille, io la vidi di profilo, bellissima, sudata, accalorata, con un ciuffo sull'occhio ed il golfino di lana che le lasciava scoperta una spalla.
- Ti amo - le dissi.
- Ma sarai scemo? - rispose. "
E quelle erano le nostre feste di compleanno:
"Un'ora dopo la festa era al culmine. Domineddio, insieme alla fidanzata borchiata che rimbalzava come una palla, insegnava il rock a tutti ed aveva già spaccato due sedie. Carpaccio aveva già massacrato le balle a metà dei presenti. Il gatto Teo si era palesato, aveva miaodetto ma che cazzo di miaocasino sta succedendo e se n'era andato. Osso era già alla settantesima pizzetta. Verdolin continuava a ballare il lento con la Schiassi anche quando mettevano su il rock. La Bottoni succhiava Nosferatu. Gentilini si era attaccato a Lisa, le riempiva il bicchiere di aranciata con solerzia da cameriere. e rideva qualsiasi cosa lei dicesse. Io facevo la conoscenza di un sacco di gente, bevevo moderatamente ed ogni tanto tenevo una mano a Selene. Capivo che ero abbastanza considerato, anzi qualcosa di più. Se ha portato due pupe così, pensavano gli uomini. Se ha portato due pupe così, pensavano le donne. In tutto questo Selene e Lisa erano considerate non molto più di due valigie, mancavano sei mesi e nove giorni al femminismo.
Insomma ero lì e stavo bene. Avrei potuto pensare, ma che storia è questa, prima ero niente, e poi perchè ho portato due belle fighette ecco che sono diventato un grand'uomo, cosa c'è da bearsi idi questo, ecco cos'è essere conformisti. Ma allora non lo pensavo, ci sono momenti nella vita che uno non si rende conto di essere ridicolo e sciocco, non puoi cancellarli dal curriculum, poi ti risveglierai, li ricorderai con un pò di vergogna, ma la vergogna è qualcosa che ci attacchi dopo. E se il merito era di Selene, bè che c'era di male? Lei non era solo bella, era luminosa. E io sapevo che era anche ironica, intelligente e viziata. La guardassero pure, solo io sapevo chi era davvero, non ero geloso."
E quelle erano le nostre sofferenze alimentate da una gelosia incontrollabile e che doveva essere pure trattenuta all'interno, determinando spaventosi crampi allo stomaco, perchè un vero uomo non doveva mai far capire alla sua donna quanto lei fosse unica e la sola per lui:
"Soffrivo come Otello, o come uno stronzo. Ci fu un altro lento, Georgia (R. Charles), e gli amanti diabolici non si staccarono, anzi lei gli aveva messo ben due mani allacciate al collo, la troia, io mi alzai barcollando e mi versai dell'aranciata ma non andò giù, la glottide era bloccata, mi domandai come facevo a respirare. Mi misi su una sedia da solo e pensavo: Selene no, per favore non farlo, ma lei non mi sentiva e sorrideva a lui, e R. Charlse non collaborava."
E quello era il nostro Dio, che devo dire non è cambiato granchè in questi anni, sempre lo stesso dispettoso di sempre:
" - Dio, Dio, non vedi come sono buono, come sono solo e come sono generoso, ridammi Selene. E subito sentii una lingua sul collo. Era Rufus (il cane). So interpretare i segni divini. Perciò andai a letto."
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Commenti
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Bravo, complimenti.
Riccardo