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Il mistero dell’animo femminile
*“Non è che bene. È tutto bene, che rende felici tutti e non fa male ad anima viva.” Da qualche minuto sentivo una punta acuminata che mi penetrava nel petto. “Ma lei” chiesi “non sente una spina nel cuore?” “Una spina? No, non sento nessuna spina. Anzi, il cuore mi si allarga” rispose. Trasse un profondo respiro e spalancò le braccia come se volesse accogliere sul suo cuore il mondo intero.*
Piero Chiara, il cantore dei piccoli mondi, di quei paesi un tempo così caratteristici e ora quasi del tutto spersonalizzati da un progresso che porta solo sogni di ricchezza, è indubbiamente uno dei miei autori preferiti e ho letto quasi tutte le sue opere, per lo più di eccellente livello e qualcuna forse da considerare un capolavoro. Potrei dire che mi mancava solo Una spina nel cuore, tenuta per ultima chissà per quale arcano motivo, ma credo ne sia valsa la pena, perché accomiatarsi da un narratore che si apprezza così tanto è sempre un po’ malinconico, temendo anche che proprio l’ultimo libro sia quello meno riuscito. E invece posso congedarmi da lui con la soddisfazione di aver visto nel giusto, di averlo sempre considerato uno dei più grandi scrittori italiani e questo libro ne è un’ulteriore conferma. C’è sempre la vita di paese, con il lago, con il bar Metropole dove soggiornano i bighelloni giocando a carte o a biliardo, più che altro per ingannare il tempo, e immancabile c’è anche una storia di corna, o meglio una storia d’amore di una delicatezza incredibile, quasi che Chiara, probabilmente a fronte di un’esperienza personale non andata a buon fine, nel cercare di svelare la psicologia femminile volesse invece mettere a nudo, scoprire quella maschile. Caterina, la protagonista, è una ragazza che poco a poco svela la sua vita, come nel caso delle matrioske, perchè sollevato un velo di verità ci si accorge che sotto ce n’è un altro, che nella sua storia è preda e anche predatrice, che in fondo è un essere indifeso e succube, pronta a donarsi senza un’autentica passione. E lui, il protagonista maschile, che rispecchia per certi versi l’autore – e infatti parla sempre in prima persona – è colui che la perde e che solo allora tenta di capire, cerca di conoscere quella donna, per lui divenuta un’abitudine e che ora che se n’è andata ha finito con il lasciare un vuoto di cui continua a struggersi. Arriverà, per vie traverse, a conoscere la verità, scoprirà anche l’ultimo velo nel triste finale che lo vede desolatamente solo. Ci sono tanti personaggi, delineati alla perfezione, come il Dr. Trigona, il medico del paese, l’ostetrica Adelaide Biotti, il mostruoso e sfortunato Tibiletti, il Dionisotti, il signore prepotente, quasi un Don Rodrigo che somiglia tanto a Mussolini, il vissuto oste Sberzi e perfino il parroco, il saggio Don Galimberti. Si muovono tutti con un sincronismo perfetto, non sono semplici comparse, ma rivendicano una partecipazione attiva che impreziosisce il romanzo.
Chiara ha saputo misurare gesti e parole, senza mai ricorrere all’enfasi, con un ritmo blando, quasi stanco, proprio come quello che scandiva la vita di un paese negli anni ’30. È sortito così un capolavoro, uno di quei romanzi che inizia piano piano, poi ti prende senza che ti accorga e s’infila dentro come una serpe, scava nell’animo per rinchiudervisi, si ficca nel cuore come una spina e finisce così che te lo porti sempre appresso, che ogni tanto ti torna in mente, ricordandolo con vero piacere, quel piacere che hai provato nel corso di tutta la sua lettura.
Imperdibile.
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Commenti
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Grazie per avermi risposto.
Pia
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Complimenti!
Pia