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La chiesa della solitudine
 
La chiesa della solitudine 2015-01-09 11:17:05 silvia t
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
4.0
silvia t Opinione inserita da silvia t    09 Gennaio, 2015
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La chiesa della solitudine

Dal buio ovattato e privo di sogni, attraverso le palpebre chiuse, la luce con violenza riporta alla vita e l'odore di morte e di malattia si rarefà laciando una sensazione di stordimento e panico; un nemico è stato estirpato, ma il danno più grande è stato ormai fatto: la convinzione tipica dei giovani di essere immmortali si è dissipata e con essa la possibilità di progettare un'esistenza che si sente come condannata e quindi inutile.

Così deve sentirsi Maria Concezione una volta scoperto che l'intevento a cui è stata sottoposta l'ha liberata da un cancro mammario, ma non certo dalle metastasi che inesorabili avrebbero rosicchiato ogni sua goccia di linfa vitale, col tempo, in modo lento, ma continuo.
Il più autobiografico dei romanzi della Deledda, senza dubbio il più intenso che abbia mai letto.
L'essenza che sottende alla struttura che lo sostiene è il senso di colpa, atavico, vissuto come precetto religioso che si oppone ad ogni pulsione carnale.
Come già avvenuto per Elias Portolou la lettura avviene in modo veloce, un lento susseguirsi di azioni, di sguardi, sensazioni ed emozioni.
Non è il piano narrativo a suscitare l'interesse del lettore, perché questo appare lineare, privo di guizzi talentuosi o originali: la vicenda è semplice e a tratti banale, ma gli attori che la interpretano la rendono viva, nonostante la morte che aleggia ovunque e che rende quasi palese la sua presenza nella pur totale assenza di consapevolezza da parte di tutti ad eccezione della malata.
I personaggi sono i fili colorati che compongono il ricamo, si intrecciano dando sostanza ad un canovaccio che altrimenti sarebbe scarno e anonimo.
Lo stile della Deledda è ancora più moderno ed essenziale che in passato: abbandonata quasi del tutto l'ispirazione verista attinge dal decadentismo, ma crea uno stile tutto personale che affonda le radici in un terreno imbibito si religione, ma anche di superstizione, di provinvialismo ed egoismo.
Ancora una volta descrive la Sardegna per raccontare il mondo, racconta la storia di Maria Concezione per parlare dell'Umanità.

Va letto, lasciato decantare e come un buon vino d'annata assaporato con calma e pazienza, affinchè possa penetrare nel profondo del proprio essere.

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Commenti

7 risultati - visualizzati 1 - 7
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Silvia, ci hai regalato un altro commento molto bello e un'interessante contestualizzazione dell'opera.
Penso che i libri migliori siano proprio quelli che vanno assaporati con calma, fuori dal consumismo ' usa e getta ' : far cultura è proprio entrare in dialogo col testo e portarsi dentro immagini, sensazioni, argomenti di riflessione...
Vero concordo con Emilio, troppi libri usa e getta, e mi associo a lui per i complimenti, hai un bel modo di analizzare, scrivere e quindi trasmettere le tue riflessioni sui libri e non solo.
Complimenti.
Riccardo
Questo lavoro che stiamo portando avanti con Silvia si sta rivelando davvero interessante.
Quello che io cerco di fare, quando inserisco la mia opinione su un libro è trasmetterlo attraverso il filtro del mio essere, cercare di estrarne l'essenza e restituirla nel miglior modo possibile.
Sono contenta che a qualcuno piaccia questo mio modo poco convenzionale di intendere i commenti!
siti
09 Gennaio, 2015
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Ciao Silvia, un bellissimo commento molto gradito nell'apporto personale di cui parlavi nel precedente intervento
Grazie per le tue ottime segnalazioni sulle opere di Grazia Deledda.
Ciao.
Ferruccio
Traspare tutta la passione e la partecipazione con cui porti avanti questo bellissimo impegno con Silvia. Bellissima analisi.
avendo già letto diversi titoli dell'autrice, concordo sulle sensazioni donate dalla lettura a distanza di tempo, una volta lasciata decantare
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