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Alla deriva
Quanto si può essere deboli. Quanto si può essere fragili. A questo pensi quando leggi questa storia di due ragazzi, uno succube dell’altro. Non uno cattivo ed uno buono. Uno cattivo ed uno debole. Anche un po’ vigliacco. Che vive una doppia vita in una zona d’ombra. All’inizio qualche bravata, poi via via bravate sempre meno innocenti e sempre più rischiose. Sullo sfondo l’animale della febbre del gioco, che è una febbre dell’anima, perché manipolare le carte fa rincorrere l’illusione di dominare il destino. In primo piano la vergogna che il protagonista dovrebbe sentire, perché anche tu gliela gridi intanto che leggi, di non essere mai capace di dire di no. Alla fine capisce. Alla fine ti sente. Alla fine la prova. E c’è un riscatto, che ho apprezzato tanto, anche se le ultime pagine mettono tanta tristezza e sanno di amaro. Senza tratti ma onnipresenti le figure dei genitori. Che ci sono sempre stati, senza mai capire, forse, ma comunque sempre presenti. Ed anche alla fine ancora ci sono, pur nella loro silenziosa sofferenza, per vedere il figlio comunque non alla deriva.
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