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Malinconicamente ... Vincenzo
Vincenzo Malinconico: già il fatto che porti il mio stesso nome m'ispira un sentimento d'istintiva empatia nei suoi riguardi per la disgrazia che ci accomuna sin dalla nascita e contro cui (almeno io, non so lui) non ho potuto ribellarmi visto che, nel momento in cui i miei genitori hanno pronunciato all'unisono 'Vincenzo' al ginecologo che mi ha portato alla luce, nessuno dei presenti in quel luogo
è riuscito a tradurre dal ueè-ueèese le mie urla disperate nel loro vero significato, ossia 'Ma che diamine di nome mi state affibbiando, ma vi rendete conto? Ma ci pensate al mio futuro? E perchè non scegliete.. che so Mattia, o Joe.. già, Joe.. breve, conciso, affidabile e serio.. un nome, una garanzia.. è statisticamente provato che uno che si chiama Joe fatica il 90% in meno di uno che si chiama Vincenzo per conquistare una donna.. e allora cosa volete? che rimanga scapolo a vita? ecco, è questo che volete?"
Solo l'ostetrica di turno sembrava aver intuito qualcosa nel mio pianto.. chissà quanti ne aveva sentiti.. ma non intervenne, la stronza.
E potrei raccontare molto altro in proposito, potrei scrivere un libro sulla disgrazia di chiamarsi Vincenzo.. ma sarebbe una digressione troppo ampia, ben più ampia delle innumerevoli digressioni presenti in questo libro di De Silva. Anzi direi quasi che il libro è una raccolta di digressioni intervallate da una storia; divagazioni piacevolissime, mai noiose, che spaziano dalla musica alla camorra, dall'amore ai panini di Burger King, rese ancor più gradevoli dall'umorismo dell'autore che seppur non dotato della carica cabarettistica di un Benni, per esempio, riesce spesso e volentieri a strappare un sorriso.
Si chiama patologia del narratore incoerente:
"Il fatto è che io sono un narratore incoerente. Non si può fare affidamento su di me. M'interessano troppo le chiacchiere incidentali che ti portano da un'altra parte. Quando racconto, sono come uno che cerca una bolletta nel cassetto delle ricevute. Prima tasto un pò, tanto per prendere confidenza con il materiale organico, poi pesco a casaccio, sperando di prenderci. Ovviamente non prendo, e comincio a raspare. Mescolo. M'incanto. Faccio mucchietti. Scopro bollette che non c'entrano e ci penso sopra. Guardo la data stampigliata su una ricevuta di ritorno, riconosco la calligrafia di quand'ero più giovane (avete notato come mostrano gli anni, le calligrafie?) e cerco di ricordarmi dov'ero e cosa facevo quando l'ho spedita. Se stavo meglio o peggio. Se mio figlio era già nato. Che odore aveva casa nostra. Chi erano i miei amici. Mi piace rivedermi negli avvisi di ricevimento. Penso che siano più attendibili delle foto. Tutto questo per dire che ho una cattiva tenuta di strada dei pensieri. Infatti credo che la mia patologia, in fondo, non sia altro che un saltuario collasso di questa inclinazione naturale. Mi prendo parecchie scappatelle dai discorsi che faccio, ecco."
E la storia? La storia è quella di un uomo, avvocato e marito senza successo, che trascina la sua esistenza sotto i colpi di un destino avverso ed alla mercè dei capricci della moglie..
sino alla svolta, quella che il destino ti offre quando meno te l'aspetti e che va presa al volo, senza troppe esitazioni... ed allora riacquisti dignità, speranza, quello scatto d'orgoglio a lungo represso e mai assecondato.
"Vaffanculo, penso. Ecco quello che penso. E' questa la parola che viene spontanea quando capita che ti senti inaspettatamente felice, tutt'a un tratto."
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Non disperare, ci sono nomi peggiori, e accoppiate nomi-cognomi terrificanti.
Bravo e simpatico.
Saluti
Non disperare; io non ho mai amato il mio nome di sole 3 lettere ; Pia...finchè un giorno l'ho sentito pronunciare in un modo dolcissimo, che mi ha lasciata ammaliata...conclusione? Me ne sono innamorata...
Ciao e grazie...
Pia
Pia
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