Dettagli Recensione
Ad occhi chiusi
Carofiglio? Sì, bravo, sì bravo, dicono da ogni dove. Bene, allora ho comprato il suo ultimo libro. Su Bari. (Poi, per consolarmi, anche due borse.) Lo ammetto: il fatto di aver letto la Duras la sera prima non ha giovato alla valutazione, ma, di certo non basta inanellare sequenze di parole in italiano corretto per suscitare emozioni. Queste, ma è solo una mia opinione, devono innanzitutto turbare colui che si accinge a condividerle con un foglio bianco. Uscivamo dal Maltese o dal Pellicano (quello di via Monte Grappa in particolare) scossi, profondamente scossi. Eravamo più di tre, eravamo in tanti, anche se poi ci sparpagliavamo in sottogruppi per le vie, le case, i vicoli di Bari. Non c'è quiete nella vita di un adolescente, né distacco, né saggezza, anche se può esservi malcelata solitudine. Non eravamo bravi ragazzi, di notte, perché quei locali fumosi ci donavano un'aria scapigliata così intensa da apparire autentica, e la vita diurna costituiva un mero contenitore di argomenti da cui evadere, fuggire. Amare Bari, anche se scorre sangue misto nelle vene, è facile. Lo hanno fatto in tanti, prima di noi. Alcuni, Carofiglio lo ha scordato, sono illustri figli della città e i loro nomi giacciono in bella mostra su lapidi bianche. Altri hanno recentemente dipinto Bari, quella sotterranea, quella che fa paura, ma sa far ghignare, al cinema. Molti si allontanano, per poco, poi tornano. Nel libro c'è tutto, troppo: la cucina, le librerie, il Petruzzelli, Punta Perotti... Grandi assenti: le emozioni di pancia. Non bastano frasi ad effetto, sporadici incontri con le canne (canne, non spinelli o droga, non siamo mica in questura), qualche striminzito ricordo adolescenziale, per apparire solidi ai propri lettori. Se il tema è la consapevolezza, non ci si può fermare all'attenzione. Il titolo, lo ammetto, è bello.