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FLOP
Ho letto il libro di Piccolo. L'ho trovato di una vacuità imbarazzante ma ho voluto terminare la lettura per vedere dove volesse andare a parare. Mi è parso da nessuna parte alla fine.Ho trovato approssimativa la scelta di certi termini come "superficialità" che assume in questa narrazione un'accezione positiva. Inno alla superficialità che dovrebbe - non è chiaro come- sposarsi alla ricerca, all'impegno, alla'analisi. Non mi sono piaciuti nemmeno i termini "puro" e "impuro" di matrice cattolica. Il ritratto di "Chesaramai", fossi sua moglie, l'avrei trovato piuttosto offensivo. Una persona che reagisce con un "Chesaramai" tanto di fronte ad un bicchiere di latte versato, quanto di fronte alla vittoria di Berlusconi che alla caduta delle torri gemelle, in definitiva non sta bene. Ora, evidentemente Piccolo intende altro: un approccio non drammatico agli eventi, una calma interiore, una capacità di riflessione, una certa ironia e leggerezza, ma lo rende molto male.
Rispetto al percorso politico l'analisi e la narrazione sono molto superficiali (con accezione negativa) e carenti.I passaggi cruciali della sua esistenza hanno prodotto cosa in definitiva? Se questo è il "romanzo della sinistra italiana e un racconto di formazione individuale e collettiva" andiamo proprio bene. Piccolo racconta che nella sua vita si è divertito, è andato alle feste, è stato piuttosto disimpegnato ma tutto nei panni del comunista. Ha scritto, commentato, raccontato, preso parte ad aperi-cene e convegni, partecipato al margine o affatto, fatto l'intellettuale da salotto, badando di non sporcarsi le mani per mantenere la giusta distanza, per restare imparziale salvo poi affermare che "la questione fondante era che non c'è nessun bisogno di essere neutrali per essere imparziali". Boh. Davvero non si comprende cosa sia e sia stato nella sostanza per Piccolo il suo essere di sinistra. Si ha la sensazione che sia stato portato dalle correnti, trascinato dagli eventi, che si sia ritrovato nelle cose per pura casualità e che in fondo tutto sia un pò uguale a tutto. Che tutti si possa essere un pò fascisti, un pò Stuart, un pò disonesti, un pò assenti e da qui il passo è breve a un pò assassini, un pò pazzi, un pò delinquenti.
Al tempo stesso sorprende l'affermazione che ricorre di certe intuizioni illuminanti proprio nell'istante in cui i fatti si svolgevano e non con il senno di poi. Stupefacente capacità di penetrazione e interpretazione della realtà.
Ma non c'è un solo pensiero di sinistra degno di nota. Solo roba vecchia. E il fallimento di quell'idea antica di cambiare il mondo.
Se Piccoli è felice della sua vita trascorsa tra Berlinguer prima e Berlusconi poi, ne siamo lieti anche noi, ma non era necessario che scrivesse questo libro per significarlo.
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Nonostante premi e critici favorevoli, non ho voluto leggere questo libro per intuizione e sensazione provate.
Ora trovo una conferma nella tua recensione.