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La grammatica del ricordo
Massimiliano Brodar è un marinaio di stanza a Trieste.
Ma questo lui non lo sa. Il pover'uomo in una notte del 1943 è stato aggredito e un forte colpo alla nuca gli ha completamente cancellato la memoria.
Brodar riprenderà coscienza solo dopo alcuni giorni, ritrovandosi a bordo di una nave ospedaliera tedesca, nelle mani di un medico finlandese che lo ha riconosciuto come un compatriota.
Brodar non può negare, in quanto non sa più nulla di sé, neppure la sua lingua o il suo nome.
Comincia così il romanzo di Diego Marani, catapultandoci presto in un mondo di lezioni di cultura e grammatica finlandese impartite dal medico allo sventurato marinaio.
Il dottore è in fuga dalla patria, per la quale prova un rapporto di amore ed odio, e cercherà di riavvicinarvisi tramite Brodar, tentando insieme a lui di ricostruire un'identità mai esistita.
Dopo i mesi di recupero necessarie, Brodar si dirige verso quella che è convinto essere la sua terra natale, in cerca di un passato.
Tutta la vicenda è narrata nel diario personale di Brodar, rinvenuto e corretto nella forma dal dottore stesso, che vi si è imbattuto molti anni dopo, comprendendo finalmente l'enormità del suo errore, che ha condotto un uomo completamente inconsapevole in una crisi d'identità molto sentita e narrata in modo molto efficace.
Lo stile di Marani fa rivivere davvero le due città, Trieste ed Helsinki, ricreando un'ambientazione palpabile soprattutto per chi, come me, ha avuto la fortuna di visitarle entrambe.
Curiosamente, il romanzo parte da un'idea molto fantasiosa e surreale per sviluppare una trama profonda e molto verosimile, proprio come nella letteratura picaresca e umoristica nordica (penso ad autori come Paasilinna).
Il libro di Marani però non è affatto ironico, è invece la tragedia personale di un uomo che è stato violentemente privato del suo passato, di tutto ciò che poteva definirlo.
In definitiva, un ottimo romanzo sulla ricerca dell'identità e l'importanza delle radici e tradizioni.