Dettagli Recensione
Perché?
Quale modo migliore per riflettere sull’importanza della vita se non con ciò che per definizione rappresenta l’abnegazione dell’esistenza, dolore e morte? La guerra è il tema principale di “Niente e così sia”, sono trascorsi molti anni dal giorno in cui ho sfogliato per la prima volta le sue pagine ma indelebile è nella mia mente, e ciò non è determinato dal fatto che esso costituisce il mio battesimo con i testi di Oriana Fallaci bensì dallo scopo per cui l’autrice ha deciso di scriverlo. L’obiettivo della giornalista non era solo quello di dar vita ad un mero reportage di guerra con il tripudio di morti susseguenti le une alle altre e mixate con atrocità di ogni tipo, bensì quello di darsi e dare risposta all’interrogativo più vecchio del mondo e cioè quello di comprendere le ragioni che possano spingere gli uomini a farsi la guerra l’un l’altro arrivando a decidere di combattere per uccidere.
Quando l’autrice giunge in Vietman ha sulle spalle il bagaglio lasciatole dalla Seconda Guerra Mondiale, esperienza che aveva vissuto dalla parte della Resistenza tra morti e torture (in primis del proprio padre) e una forte inesperienza nel campo del giornalismo. Il suo lavoro si concentra soprattutto nelle zone intorno a Saigon e le sue giornate sono scandite dalla paura, dalla testardaggine e dall’ingenuità tipica dei primi giorni sul fronte. Nel tentativo di raccontare l’esperienza vissuta metterà a nudo la sua anima perché solo così ella ritiene di poter spiegare cosa si prova a stare su aereo che getta il napalm sulle persone o a parlare con vietcong e dittatori delle più svariate categorie. Immancabile la domanda del perché la scelta della guerra. Un tripudio di emozioni si annideranno in lei; si commuoverà davanti ai diari d’amore dei vietcong e resterà scioccata nel vedere bambini giocare con cadaveri, nel constatare il dolore della perdita del proprio figlio da parte delle madri e nel trovarsi in prossimità dei defunti ammonticati nelle fosse comuni. Lo stesso emblematico generale Loan scaturirà in lei impressioni contrastanti per poi mostrarsi nella sua fragilità umana.
Il romanzo si sostanzia in undici capitoli, al termine di ognuno si apre una riflessione personale relativa anche alla facilità con cui l’uomo si lascia affascinare dall’idea della guerra. Ogni sua parola esprime il suo profondo desiderio di capire una realtà così vera quanto lontana; la smania e l’incapacità di abbracciare l’essenza della morte per comprendere le ragioni della vita sono protagonisti indiscussi in quei giorni di guerra.
Il romanzo va letto solo e soltanto se è il suo tempo e non una ma più volte. Soltanto così è possibile percepirne ogni sfumatura, apprezzarne ogni aspetto ed assimilarne la portata. I temi trattati lasciano ampio spazio alle riflessioni filosofiche e teologiche; significativo è infatti il passaggio in cui la giornalista dialoga con un sacerdote e quello in cui si interroga sull’esser stata presente alla morte di un uomo con cui solo pochi minuti prima aveva parlato. Sarà infine coinvolta in quel meccanismo di bassezze umane in cui protagonisti indiscussi saranno la vigliaccheria e le meschinità e ce ne mostrerà con naturale sincerità le conseguenze.
Un romanzo non semplice da leggere, scritto senza remore e con lucida crudezza ma che tutti dovrebbero aver il coraggio e la voglia di leggere, oggi più che mai.
Vi lascio con un piccolo ma significativo incipit:
"Padre nostro che sei nei cieli, dacci il nostro massacro quotidiano.."
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Commenti
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Il consiglio che mi sento di dare è di leggere questo romanzo quando si è pronti perché pur essendo scritto sotto la forma di un diario non risparmia da nulla. Ogni fatto è riportato con lucida onestà e taluni possono restare ostici al lettore.
Grazie ancora Emilio :-)
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Non ho letto questo libro. Dal tuo commento, penso sia fra i testi migliore dell'autrice.