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Quer pasticciaccio brutto de via merulana
 
Quer pasticciaccio brutto de via merulana 2014-11-04 16:49:14 Rollo Tommasi
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    04 Novembre, 2014
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Cronache minimali dalla Roma del fascio

Il commissario Francesco Ingravallo è un tipo “tosto”: un molisano determinato che sa essere sbrigativo quando e quanto occorre, armato di una dose di cinismo funzionale al suo ruolo. Ma non troppo in armonia con l'imperante ideologia mussoliniana: potendo scegliere, avrebbe preferito fare dell'altro – o nascere in un diverso periodo – piuttosto che essere tra i tutori dell'ordine nella “Roma fascistissima” dell'anno 1927.
Il 20 febbraio – giorno come tanti – il commissario è invitato a casa Balducci, per un pranzo esteso ad altri amici della signora Liliana: lei, nubile e piacente padrona di casa nonostante i segni della mezza età, è compagnia che il commissario Ingravallo non disdegna, pur mantenendo l'assoluta osservanza delle dovute maniere.
Poco dopo quella piacevole giornata, tuttavia, in quello stesso stabile di via Merulana si susseguono due fatti di cronaca nera: prima una strana rapina, poi, qualche giorno dopo, l'omicidio della stessa signora Liliana, sul cui corpo l'assassino si accanisce senza un'apparente spiegazione.
E' quello il “pasticciaccio” che Ingravallo – profondamente colpito dall'accaduto – si troverà a dover sbrogliare. E inizierà torchiando il cugino della vittima, certo Giuliano Valdarena, un bell'uomo dai comportamenti apparentemente ineccepibili, e che tuttavia – secondo il commissario – con la sua parente aveva un rapporto tutto da chiarire...

Decisamente l'opera più nota dello scrittore milanese Carlo Emilio Gadda. Che all'inizio pare utilizzare lo schema del giallo, mentre il libro – come si scopre presto – va in tutt'altra direzione.
Il “pasticciaccio brutto” che sconvolge una ordinaria giornata capitolina è infatti il pretesto per un'analisi dei caratteri umani, così di un certo ambiente alto-borghese della Roma degli anni '20-'30 come dei quartieri popolari, sprizzanti veracità ed “assuefazione” all'esistenza. Un risultato che Gadda raggiunge con un linguaggio assolutamente unico: un misto di espressioni dialettali (laziali, molisane, campane) e modi di dire, per una scrittura creata apposta per esaltare lo sguardo ironico sulle vicende, i personaggi e – perché no? - il momento storico.
A queste condizioni diventa superfluo anche un vero e proprio finale: un libro che si conclude ad un certo momento della vicenda, ma che sarebbe potuto proseguire a discrezione di chi l'ha partorito.
In realtà, “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana” è universalmente conosciuto – e da molti ritenuto un capolavoro della letteratura italiana novecentesca – per lo stile prescelto dal suo autore molto più che per il suo contenuto. Stile che (ancor prima del linguaggio) chiede al lettore un'alta soglia di impegno: il suo essere spiccatamente anticonvenzionale (anche per la letteratura odierna) può rendere faticosa la lettura, al punto di indurre all'abbandono del libro prima di averlo terminato.
Si tratta di un'opera a suo modo unica, senza dubbio... ma è anche vero che lo scrittore si cimenta, mentre nelle facoltà del lettore è rifiutare. A ciascuno la scelta.

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Commenti

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Bel commento Rollo! Lo lessi alle superiori, fu uno dei pochi romanzi suggeriti (anzi, imposti) da quella strega della prof di lettere che apprezzai :)
Bello il commento, Rollo.
Io, tempo fa, pur avendo apprezzato "La cognizione del dolore'', non sono riuscito a terminare il libro recensito. Ho trovato forzato e artefatto il linguaggio, per questo non piacevole e non interessante.
Grazie a entrambi.
Devo confessarti che anch'io l'ho letto con una certa difficoltà, Emilio, e questo mi ha sorpreso, perché l'avevo già letto nello stesso periodo di Alessandro e ricordo che allora mi era piaciuto moltissimo. Poiché di solito capita il contrario, mi domando se non abbia letto, all'epoca, un altro libro. :)
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