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Tutti per uno, uno come tutti
Tutti.
Un unico pronome rosso in segno di commiato.
Berlinguer muore, l’Italia è in piazza, un pugno si alza in una stanza. Qualcuno desidera essere lì, ma è altrove che si svolge il suo appuntamento con la Storia.
Come al tempo del colera che aveva falciato Napoli, come per il sisma in Irpinia o per i continui terremoti di Palazzo Chigi: quell’orizzonte lontano, in fondo, non è poi così distante e, a guardarlo bene, sembra sfiorare anche il cielo di Caserta.
È la televisione che rende tutto più vicino, ma non troppo e fa affiorare il desiderio di essere come tutti per il solo difetto di essere come i prossimi, come coloro che preferiscono arrivare secondi per potersi schierare dalla parte dei giudici, come quei puri che puntano il dito perché loro sì che sono incorruttibili, sicuri di avere la ragione in pugno e il futuro a portata di mano, tanto da preferire la lettura di quelle “sacre scritture” a un peluche in carta rosa il 14 febbraio. Perché la politica non fa festa, neppure a San Valentino!
Ma il desiderio di essere come tutti è guardare lontano, oltre il prossimo, sino all’opposto e scoprire che anche lì c’è qualcosa di buono, qualche viso pulito con cui pranzare ad una convention domenicale, quella leggerezza di chi sa temperare il peso della vita con un «Chesaramai», la forza di colui che a tennis preferisce un set point a un servizio perdente e di chi, nonostante tutto, quel giorno in piazza salutava un’epoca che non sarebbe tornata.
In tutti c’è il sorriso di una madre che insegna ad essere forti, l’incomprensione che vela la fierezza di un padre, la dolce vaporosità di una moglie che rende tutto più semplice, anche un’imperdonabile elezione del ’94.
Come la bellezza di Diana svelata agli occhi di Atteone e poi al bambino furtivo che ruba di sera una coca cola alla Reggia, allo stesso modo il romanzo di Francesco Piccolo schiude dinanzi agli occhi del lettore la bellezza del tempo che passa con il suo carico di personaggi, di eventi e di sentimenti, con le sue stagioni che alternano castighi a ricchi doni, nel suo avvicendare la vita pura (Berlinguer) a quella dell’impurità (Berlusconi), con la saggezza di chi è riuscito, insieme a qualche anno in più, a raggiungere la consapevolezza dei propri errori.
Un racconto in prima persona in cui costume e politica si mescolano al ricordo autobiografico di un’Italia che, pur cambiando volto, forse è rimasta sempre la stessa; un premio Strega farcito di citazioni cinematografiche e letterarie che ha saputo convincere grazie allo sguardo imparziale e partecipativo, umoristico e poetico sulle debolezze umane, perché ognuno di noi, quando la Storia bussa, è lì. Come tutti.
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P.s.:Sai che Piccolo sceneggerà per la tv la saga della Ferrante? Speriamo faccia bene come pare abbia fatto in questo libro!
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Trovo il tuo commento prezioso e poetico.