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Colpevoli sempre
C'è un lembo di terra schiacciato tra Ucraina e Moldova chiamato Transnistria, una sorta di discarica umana, in cui il governo russo ha deportato ai tempi del regime di Stalin varie minoranze etniche teoricamente ree di svariati reati. Qui si sono stabiliti gli Urka siberiani, insediati nella città di Bender ed abituati a vivere secondo un codice feroce ed insindacabile ma non privo di una propria importante morale.
Nicolai Lilin racconta di questa comunità definita criminale, indubbio è infatti il rapporto simbiotico che essa ha instaurato con la violenza e con certi reati regolati sempre da una integrità spiazzante.
A disquisire di etica criminale vien quasi da ridere, eppure se il malvivente resta sempre e comunque tale agli occhi della legge e a quelli dell'opinione pubblica, viene naturale fare un distinguo con i rappresentanti del malaffare appartenenti al mondo in cui il piccolo Kolima cresce, apprende e comincia a delinquere.
Ora, a mio modesto parere, è necessario lasciar decadere la concezione sociale rappresentata, non credo sia nelle intenzione dell'autore assumere posizioni da reazionario avverso alle istituzioni, queste secondo gli Urka vero cancro sociale e per questo da combattere più delle stesse etnie "nemiche".
La realtà di Kolima è infatti presentata non come un probo esempio sociale da seguire alla lettera, bensì come un microcosmo contraddittorio, violento perchè geloso della propria indipendenza e della propria essenza che la politica aggressiva del Cremlino e la contaminazione con altre culture rendono sempre più instabile e vicina all'estinzione. Lilin parla di una forma di autodifesa estrema, di un giustizialismo autoimposto in quanto estraneo all'autorità di Mosca, poco importa poi se l'autore abbia davvero vissuto sulla sua pelle certi fatti o si sia limitato a trarre ispirazione da storie tramandate di generazione in generazione.
Preferisco valutare la consistenza contenutistica del libro che nonostante un approccio stilistico essenziale è astutamente accattivante nel suo incastro anedottico che permette di toccare le coordinate salienti di questa cultura, favorendo un'idea antropologica piuttosto chiara.
Normale poi che alcuni episodi siano più intriganti di altri: alcuni shockanti, altri curiosi o semplicemente divertenti, altri ancora un po' sciatti.
Tatuaggi, santini, armi, altari votivi in un tripudio di rituali in bilico tra fede e superstizione; Lilin forse accomoda i toni ma dona dignità ad un popolo tacciato a priori nella sua interezza di vivere al di fuori della legge. Sottolinea le difficoltà di estraniarsi da un destino segnato a cui si è preparati fin dalla tenera età, infine presenta il conto a un governo famelico, desideroso di tributi in sangue e oneri, dopo aver abbandonato i suoi figli senza rimorso alcuno.
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Commenti
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Secondo me non è certo un autore imprescindibile, la conferma mi sta venendo da "Caduta libera" che ho quasi terminato. Un romanzo sicuramente inferiore rispetto a questo nonostante la buona media che ha qui dentro. Questo a me è piaciuto, però se non lo leggi non ti perdi nulla ;)
lasciami dire che la tua è tra le migliori recensioni che ho incontrato finora su Lilin!
Bella recensione, Alessandro.
Il film, a mio avviso, è piuttosto bruttino. Meglio il libro ;)
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Un commento molto bello.
Personalmente, sono stato in dubbio se leggere Lilin: ognuno di noi ha in mente o annotata una lista lunghissima di autori e libri che intende leggere; dopo alcune cantonate, preferisco andare sul sicuro...