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L'ossessione dell'attesa
Ho letto questo romanzo due volte; la prima in età da giovane adulto, la seconda in quest’anno pochi mesi fa. Devo dire, come spesso mi capita con i romanzi-classici, che ho apprezzato molto il capolavoro di Buzzati, in seconda lettura; forse perché mi sono immedesimato nel contesto della storia.
Il protagonista è Giovanni Drogo, un giovane tenente di prima nomina inviato in servizio presso un avamposto ubicato ai confini del territorio di una nazione, non meglio identificata, ma potrebbe essere, a mio parere, l’impero austro-ungarico dell’800, chiamato Fortezza Bastiani; tale fortezza è abbarbicata su un’impervia montagna per il controllo del territorio nemico che si estende su una sconfinata pianura incolta e pietrosa. Giovanni Drogo si rende subito conto dell’atmosfera vigente nella fortezza e della ferrea disciplina cui sono sottoposti tutti i militari del battaglione che hanno il compito costante di sorvegliare al di là del confine in attesa di un possibile attacco da parte del nemico tartaro; egli è convinto di trascorrere solo un breve periodo in quel luogo desolato e quasi dimenticato, e ritornare, quanto prima, alla vita della città da dove proviene. Passa il tempo in maniera inesorabile e Drogo riesce a ottenere una breve licenza per rientrare nella sua città di origine; si accorge, però, che la sua identità non è più idonea ai ritmi del passato e, quindi, prova un forte senso di disagio e un allontanamento dalla vita di routine cittadina e dalle persone. Cos’è dunque successo? In pratica è stato contagiato dal “mal di fortezza”, nel senso che ormai alberga nel suo animo la precipua convinzione che i tartari arriveranno e la difesa della fortezza e del territorio sarà un tributo di gloria per il quale vuole essere presente.
Tale anelito di gloria si trasforma ben presto in un’ossessione; quindi passano parecchi anni sempre nell’attesa di un imminente attacco da parte dei nemici tartari; nel frattempo il battaglione in difesa della fortezza si riduce in modo drastico; i colleghi muoiono oppure sono congedati ma non vengono avvicendati. Giovanni Drogo, che intanto è stato promosso maggiore, rimane attaccato alla fortezza e la sua unica ragione di vita è, ormai, l’attesa del nemico. In un clima surreale trascorre gli ultimi anni di vita fino a quando, finalmente, arrivano i Tartari…la gloria tanto aspettata e desiderata è vicina ma purtroppo…
La narrazione, il contesto e gli eventi, riescono a scrutare l’animo umano fino ai meandri più reconditi; in particolari circostanze l’uomo si “adatta” a qualsiasi situazione; cambia la sua visione del mondo immanente e diventa “schiavo” dei propri ideali di cui è convinto fino all’estremo sacrificio.
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Commenti
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Complimenti a te!
Pia
la tua lettura mi apre un altro orizzonte ...pensa sto facendo le stesse riflessioni ma su un altro classico.
Interessanti, misteriose e surreali analogie si affacciano alla mia mente...
Gustosissima esca...
Per il resto un buon classico è utile a tutte le età, apre la mente quando si è giovanissimi, la tiene vigile da giovane adulto, accompagna la riflessione finale in età più mature.
Un saluto.
Laura
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