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Senso umano: zero
Il dolore non è un fine, ma un mezzo per esercitare il potere dell’uomo sull’uomo: è la lezione di George Orwell, che ormai non possiamo più dimenticare e che ritroviamo in questo romanzo dall’obiettivo ambizioso: raccontare il passaggio dalla teoria alla prassi, dall’atmosfera rarefatta della scienza alla quotidianità. Il dominio, soprattutto nei confronti del corpo e della psiche femminili, è l’autentico protagonista della storia, anche se la storia brulica di personaggi che intrecciano una trama complicata di età e vissuti.
Fin dai suoi primi anni, la psicoanalisi ha ispirato una vasta produzioni lavori e capolavori artistici, non solo in ambito letterario: non ha importanza se la materia è molto più complessa di quanto possa sembrare, e se troppo spesso gli autori si illudono di padroneggiarla. Il romanzo esordisce brillantemente su questi presupposti, attraverso due personaggi femminili che agiscono e vivono ai lati opposti della violenza: la ricerca della consapevolezza attraverso lo studio e la riflessione da parte di Clara; la sottomissione e la sofferenza di Wanda. Riuscirà Clara ad aiutare Wanda? La teoria si trasformerà in pratica? La scienza può esprimersi in forma narrativa?
La storia ci offre una gran varietà di spunti e di ambienti, di epoche storiche e di personaggi, di raffinate citazioni e di crudezze, che promette molto ma non mantiene fino in fondo. I personaggi femminili, in particolare, risultano opachi, spesso contraddittori, incapaci di suscitare l’identificazione del lettore. La narrazione è discontinua, povera di connotazione: non arriva a costruire un ritmo definito e ad assecondare la drammaticità degli eventi. Il sangue c’è ma non si sente: il passaggio dalla teoria alla prassi rimane incompiuto.
C’è troppa carne al fuoco in quest’opera che spazia dallo studio di Freud agli interni di una pizzeria, dagli orrori del nazismo ai problemi dell’invecchiamento: questo è il limite ma anche il pregio di un’opera che non scorre facilmente, ma ha il pregio di stimolare la curiosità e la riflessione. Un romanzo da provare, non soltanto per i suoi pregi.
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Commenti
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Grazie.
Ferruccio
quindi il romanzo sarebbe risultato più riuscito se l'autore avesse indagato meglio l'animo femminile? O meglio se fosse riuscito a rappresentarlo meglio?
La recensione stuzzica comunque la mia curiosità.
Laura
Tra le varie osservazioni che hai fatto, emerge un'idea di letteratura (e di arte in generale) che condivido pienamente: uno scrittore non deve solo 'descrivere', ma deve far percepire, trasmettere al lettore le sensazioni e le emozioni di 'quella' rappresentazione.
Un uso esorbitante di riferimenti culturali e 'mettere troppa carne al fuoco' , poi, sono trappole a cui prestare molta attenzione.
La lettura risulta scorrevole e chiara benchè alterni le vicissitudini dei vari personaggi.
Clara e Wanda sono sicuramente le protagoniste ma tutti gli altri personaggi emergono ugualmente formando una scacchiera di emozioni suscitate dalle descrizioni minuziose.
La consapevolezza. Credo sia questa la chiave per diventare e sentirsi liberi.
Clara diventa consapevole di quanto sia difficile passare dalla teoria alla pratica; che la sua vita è ancora tutta da costruire e va incontro al suo futuro con tante domande, ma serena.
Wanda è consapevole del suo passato, lucida, tagliente anche se molto addolorata, riesce a descriversi senza alibi riguardo al suo passato.
E' un libro "a tutto tondo", che spazia dal problema di gestire un padre oramai anziano, dalle vite non facili dei figli e dalle scelte di Clara.
Bellissimo, un libro scritto da un uomo ma descritto con gli occhi di una donna. Un 'impresa non facile.
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