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Crudo
Toscana; Piombino con lo sfondo delle acciaierie Lucchini, un tempo funzionanti alla massima potenza di lavorazione, attualmente ridotte a un unico altoforno; siamo nel 2001 e la vita delle persone che gravitano intorno alla “famigerata” industria dell’acciaio, è scandita da una routine che martella l’anima. Le case delle famiglie degli operai sono, per la maggior parte, ubicate nella via Stalingrado, nome che ha retaggi in un passato di immediata e facile comprensione.
In questa non certo idilliaca cornice hanno luogo le vicissitudini e gli accadimenti due adolescenti appena quattordicenni, Anna e Francesca, che cercano di sopravvivere ed evadere, a volte solo guardando il braccio di mare che le separa dall’Isola d’Elba e fantasticando su un altro tipo di mondo, dal degrado ambientale e sociale e dalla promiscuità che permea i casermoni-abitazioni di via Stalingrado.
In una vita fatta di stenti, nascono e crescono sogni irrealizzabili; castelli di sabbia che ben presto vengono disintegrati dalla metaforica marea scura insita nell’altoforno che, oltre all’acciaio e ai suoi fumi venefici, miete vittime, miserie umane, e disperazione.
Linguaggio crudo infarcito di frasi di gergo e lessico grezzo, descrivono l'altra faccia di un contesto reale spesso dimenticato da turisti distratti. Un romanzo che trasuda amarezza e lascia molti interrogativi.