Dettagli Recensione
Il confine di Bonetti
All’inizio ho un po’ snobbato questo libro perché il titolo mi ricordava una canzone di Lucio Dalla (..a Berlino ci son stato con Bonetti..) poi mi ha attirato il nome di Floris e la curiosità di vedere come se l’era cavata alle prese con un romanzo e a questo punto, dopo averlo letto, dico senza infamia e senza lode.
E’ la storia di un’amicizia nata sui banchi di scuola nei rutilanti anni ‘80 fra il futuro notaio Roberto Ranò, voce narrante del romanzo, e il futuro regista da Oscar Marco Bonetti. Sono gli anni delle comitive, dei ritrovi, degli abiti come divisa e segno di appartenenza, ogni tanto il libro è inframmezzato da capitoletti che ci risvegliano ricordi (film, musica, marchi, personaggi,…); comunque sia, i due amici, nel momento di diventare adulti, si perdono per poi ritrovarsi 25 anni dopo in una notte brava che li porterà in prigione e poi davanti al magistrato ed è da qui che prende l’avvio il racconto.
Il romanzo scorre veloce, leggero, poco impegnativo anche se in realtà qualche interrogativo ce lo pone: qual è il confine fra adolescenza ed età adulta? In quale momento (ma soprattutto perché) abbiamo tradito i nostri sogni, i nostri ideali, quello che volevamo diventare?
E’ il romanzo di una generazione, quella degli anni ‘80, a metà strada fra il “come eravamo” e il “come siamo diventati”, alla fine però scopriamo che poi tanto male in realtà non lo siamo mai stati.
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Penso di non leggere questo libro, perché essere un bravo giornalista non significa affatto essere un bravo scrittore; dalla tua recensione capisco infatti che siamo lontani dall'eccellenza.