Dettagli Recensione
Top 100 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Un'agopuntura di stelle sulla pelle...
"Conoscevo gli adulti, tranne un verbo che loro esageravano ad ingrandire: amare."
Quanto è vero! Lo ingrandiamo e ne facciamo un uso smodato, ne abusiamo svilendone poi la forza e l'intensità. Io per primo.
Mai però avrei pensato di rivolgerlo ad un uomo, neanche fosse mio padre. Dopo la lettura di questo libro, invece, potrei benissimo affermare: io amo Erri De Luca.
Non saprei, infatti, trovare un verbo migliore per esprimere quello che provo verso l'autore di questo libro straordinario; vi sembrerà un'esagerazione forse, ci sono tanti altri verbi a disposizione, ammirare, adorare, apprezzare.. ma non è così, non sarebbero altrettanto efficaci.
Perché solo il verbo 'amare' è sinonimo contemporaneamente di gioia e sofferenza, di passione e tormento, racchiude gli antipodi e per questo è l'unico in grado di scuoterti dentro, di solleticarti le budella per poi torcerle con spasmi e fitte di dolore..
"Non è una serenata al balcone, somiglia ad una mareggiata di libeccio, strapazza il mare sopra, e sotto lo rimescola."
Ed è proprio questa la sensazione che ho provato leggendo e rileggendo le pagine di questo libro: un susseguirsi tumultuoso di piacevoli ricordi, dolci sogni di un tempo ormai lontano, repentinamente sfumati dall'onda impetuosa che trascina con sè la tristezza degli eventi più dolorosi della nostra vita, cicatrici che ognuno di noi si porta dietro.
Anche il protagonista della storia nuota in questo mare di emozioni: ripercorre con la mente di un adulto e rivede con gli occhi di un uomo ciò che ha vissuto cinquant'anni prima, nel corpo di un bambino di 10 anni. In particolare, l'incontro con una ragazzina, la prima con cui ha potuto confermare la sua predilezione per il verbo 'mantenere':
"A dieci anni era il mio verbo preferito. Comportava la promessa di tenere per mano, mantenere. Mi mancava. Papà s'infastidiva in città a prendere per mano, per strada non voleva, se provavo si liberava infilandosela in tasca. Era una respinta che mi insegnava a stare al posto mio."
e la prima con cui ha capito la valenza e le implicazioni del verbo 'amare'.
I dialoghi tra il bambino e la bambina e le riflessioni che li animano non sono chiaramente tipici della loro età.. mi piace pensare (forse perché capita spesso anche a me) che l'autore abbia rivissuto quelle scene, quei ricordi, alterandoli con la sua visione da adulto, con quello che avrebbe voluto dirle in quell'occasione ma non ha fatto perché ancora imprigionato in un corpo da bambino, nonostante la testa cercasse in tutti i modi di uscirne fuori:
"Avevo raggiunto i dieci anni, un groviglio d'infanzia ammutolita. Dieci anni era traguardo solenne, per la prima volta si scriveva l'età con doppia cifra. L'infanzia smette ufficialmente quando si aggiunge il primo zero agli anni. Smette ma non succede niente, si sta dentro lo stesso corpo di marmocchio inceppato delle altre estati, rimescolato dentro e fermo fuori. Tenevo dieci anni. Per dire l'età, il verbo tenere è più preciso. Stavo in un corpo imbozzolato e solo la testa cercava di forzarlo."
Ecco, avrete notato anche voi da queste poche citazioni l'eccezionale abilità di De Luca nel costruire i periodi scegliendo il materiale più pregiato ed incastrandolo perfettamente: le parole, la punteggiatura, tutto è scelto con grande cura e maestria per colpire direttamente al cuore e alla mente; questo libro non si legge.. si sente, si ama. De Luca è un grande ingegnere, costruisce emozioni con le parole:
"L'isola era lontana, un mucchietto di luci. Sdraiato a prua sulla corda dell'ancora, guardavo la notte che girava sulla testa. La schiena oscillava piano per le onde, il petto si gonfiava e si sgonfiava sotto il peso dell'aria.
Cala da così in alto, da un così profondo ammasso di buio da premere le costole. Qualche scheggia precipita in fiamme spegnendosi prima di tuffarsi. Gli occhi provano a stare aperti ma l'aria in caduta li chiude. Rotolavo dentro un sonno breve, interrotto da una scrollata del mare. Ancora adesso nelle notti
sdraiate all'aperto, sento il peso dell'aria nel respiro e un'agopuntura di stelle sulla pelle."
Un'agopuntura di stelle sulla pelle.. bellissimo.. chiunque abbia provato a dormire su una barca in una notte limpida d'estate non può che condividere una simile metafora.
E la forza, l'intensità delle sue parole non è da meno quando riaffiorano i ricordi più tristi:
"Papà l'ho perduto un'alba di novembre. Abitava con me, il suo letto sotto il mio soppalco. Quei giorni non andavo in cantiere, quelle notti gli stavo addosso, non lo lasciavo in pace. In un'alba fui orfano di lui, soffiò un'ultima vocale, la "u" di aiuto, che non gli potevo dare.
Lo incontro nel sonno, dove piango senza lacrime. Il mio lutto per lui è una pozza d'acqua marina prosciugata. Tra gli scogli resta il sale asciutto, dei singhiozzi a secco."
Indicazioni utili
Commenti
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Ordina
|
Comunque anche a me piace tanto :-)
4 risultati - visualizzati 1 - 4 |
Il mio incontro con l'autore non e' stato cosi' esaltante (non ricordo neppure il titolo del libro). Penso pero' che questo scrittore meriti un secondo tentativo: il testo da te recensito potrebbe esserlo.