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Due anime a confronto. Simone e Zeno.
Abituato al clima e alle consuetudini del suo paese, ai suoi amici siciliani e ai suoi affetti paterni, trovarsi a casa (e con) un emerito sconosciuto è un cambiamento troppo radicale per il giovane Zeno anche se questo estraneo non è altro che Simone, suo nonno materno. Ma non ci sono tante alternative, suo padre deve essere sottoposto a delle importanti cure a Genova e la struttura sanitaria non prevede elementi disturbanti, familiari compresi. Per quanto doloroso sua madre decide di lasciarlo a Colle Ferro con quel padre-nonno con cui ha avuto tanti dissidi, tante liti, tante incomprensioni.
Zeno è un bambino esuberante, estroverso e pieno di voglia di vivere; Simone è un eremita, la sua migliore amica è la solitudine e quel paesino sperduto è la sua rocca, il suo rifugio, il luogo dove tutto ha avuto inizio e dove tutto avrà fine.
La narrazione si alterna, in realtà due sono le storie rievocate: quella di Zeno che racconta del presente, del nonno, delle nuove e vecchie amicizie, degli anni che passano e della sua personalità che prende forma; quella di Simone, un bambino ebreo nato nell’anno in cui fanno la loro comparsa le leggi razziali. Scorrendo le pagine si scopre un Simone che ha dovuto combattere con l’incessante necessità di nascondersi, che ha dovuto fare i conti con la perdita di identità, di affetti, col rimettersi in gioco intraprendendo la carriera di consulente fino ad arrivare a crearsi una famiglia con la sua amata Elena, un uomo che per tutta la vita non ha mai veramente vissuto, un individuo che si è sempre nascosto da tutti e da se stesso.
Non è facile per una persona sola riabituarsi alla presenza di altri esseri umani, tanto meno ad un bambino attivo, sconosciuto ed indecifrabile. Ma Simone ha una passione: la pittura. Sarà proprio quella a permettergli di entrare in sintonia con Zeno, e per Zeno questa sarà la base del suo futuro e della realizzazione (almeno in parte) dei suoi sogni.
Un romanzo vivo e sentito, intimo e delicato. Una storia solida da gustarsi pian piano, ricca di sfumature, un racconto di cui si sente la mancanza una volta giunti al termine così come accade per Zeno alla fine di quella estate del ’99.